Il Messaggero, 10 settembre 2024
Quel tesoretto nascosto sull’Appia antica
La paura degli assalti, la tensione che sale, la corsa a nascondere quel piccolo tesoro di monete millenarie, i ricavi di una vita di lavoro. Sono state infilate, una ad una, in uno stretto vano nascosto sotto il pavimento della stanza, sigillate in tutta fretta da alcuni mattoni. «In quelle ore di tafferugli, l’idea istintiva sarà stata quella occultarle per poi recuperarle alla prima occasione buona, quando il pericolo fosse passato...». Ma evidentemente non sono più riusciti a recuperarle, il destino ha giocato altre carte, racconta l’archeologo Stefano Roascio che sta guidando, a Roma, la grande campagna di scavo in una porzione della Villa dei Sette Bassi, costola monumentale del parco archeologico dell’Appia Antica. È qui che è stato appena riportato alla luce un tesoretto di monete, manciate di cosiddetti follis databili dal IV al VI secolo dopo Cristo. Un’importanza strategica, perché diventano una rarissima testimonianza diretta dell’assedio di Roma condotto dal re goto Vitige, nel 537 dopo Cristo. Una pagina di storia, quella della battaglia combattuta tra romani d’oriente bizantini e ostrogoti, iniziata nel marzo del 537 fino al marzo del 538.
Un anno vissuto pericolosamente, soprattutto per gli abitanti di quest’area della Capitale, lungo l’Appia Antica e l’antica via Latina, dove i goti si erano insediati nel cosiddetto campo barbarico, a ridosso dell’attuale Torre del Fiscale. «Dobbiamo immaginare il contesto – racconta Roascio – con queste popolazioni barbariche che procedevano a sistematiche razzie del territorio, che potrebbero avere interessato la stessa Villa di Sette Bassi». Passeggiare qui, in questo complesso straordinario di agro-romano puntellato da ciclopiche strutture imperiali, tra via Tuscolana e via di Capannelle, è un viaggio nel tempo. È considerata la più vasta e imponente villa suburbana di Roma dopo la tenuta dei Quintili. Ben 35mila metri quadrati di patrimonio, definiti dal direttore dell’Appia Antica Simone Quilici, «all’altezza della Villa Adriana».
Dovrebbe il nome alla famiglia di Settimio Basso prefetto sotto Settimio Severo, ma non solo. Bassiano è anche il nome di Caracalla, così come di suo nonno: quindi un’ipotesi è che sia stata una delle proprietà della famiglia imperiale. Cuore della villa è il complesso architettonico: due corpi di fabbrica articolati su più livelli, con un sistema di criptoportici e dependance, terme, un acquedotto, e un giardino-ippodromo. La promozione dell’Appia Antica a patrimonio dell’Unesco ha indubbiamente dato un’accelerata ai lavori. Grazie ad un finanziamento del piano nazionale complementare al Pnrr, sono stati effettuati sondaggi e scavi, soprattutto nell’area dei cosiddetti Casali Torlonia. La sorpresa è stata restituita dal corpo del fienile.«Gli scavi hanno individuato un’ampia struttura di epoca medio imperiale – indica Roascio – probabilmente parte dell’ambito rustico della villa, che ospita una piccola struttura legata alla produzione di vino o olio». Proprio tra i muri di questi ambienti si è messo in luce il gruzzoletto di monete, celato da un laterizio. «Le monete nascoste evidenziano sempre un momento di crisi e tensione – riflette l’archeologo – in cui qualcuno ha sentito la necessità di proteggere i propri averi, con la speranza di poterli recuperare in futuro. Il fatto che li recuperino gli archeologi, a distanza di secoli, evidenzia che chi li ha nascosti, forse anche per motivi tragici, non è più riuscito a recuperarli». Ma non è stata la sola sorpresa: «Effettivamente oltre alle monete sono stati recuperati anche la lama di un coltello e la punta di un giavellotto, che indicano come l’area della villa sia stata oggetto di scontri armati», dice Roascio. «Anche se lo studio delle monete dovrà perfezionarsi con il restauro, il fatto che ce ne siano alcune probabilmente di VI secolo potrebbe ricondurre agli scontri avvenuti nella prima metà del VI secolo, quando il re goto vitige, nel 537, assediò Roma».Ad un’analisi più approfondita, le monete hanno regalato alcune sorprese. Come una moneta forata: «È molto importante – osserva Roascio – è un cosiddetto “gioiello monetale”, molto in uso nella tarda antichità e spesso tra popolazioni barbariche, che non riconoscono più il valore nominale della moneta, ma la usano come ciondolo, ornamento, talvolta attribuendole valori magici e di protezione». L’aspetto significativo è il gesto di chi ha nascosto quel gruzzolo, durante tumulti e pressioni e non è più riuscito a recuperarlo. «Anche negli scavi del 2014 era emerso un altro tesoretto monetale nelle terme – ricorda l’archeologo – indice del fatto che le paure sono state generalizzate e molti hanno sentito il bisogno di nascondere ciò che avevano. È uno specchio delle insicurezze che si patiscono nel tardo impero quando la grandezza di Roma è ormai in crisi e l’esercito non è più in grado di difendere la città». L’obiettivo è far riscoprire questo luogo d’una bellezza amena: «Gli interventi sono finalizzati all’apertura al pubblico in modo strutturato di un complesso di straordinaria valore – annuncia il direttore Simone Quilici – La Villa di Sette Bassi, per le monete e altri ritrovamenti, dimostra una lunga durata nel tempo che dalla piena epoca classica arriva alle soglie dell’alto medioevo. Sarà finalmente possibile attraversare i maestosi ambienti che non hanno nulla da invidiare a Villa Adriana a Tivoli».