Il Messaggero, 10 settembre 2024
Privacy, i limiti alle chat delle mamme
La mania dello scatto, cuore di mamma, non va bene. Vale per tutti, genitori sregolati, ingenui, onnipresenti. Pronti a raccontare e commentare episodi e particolari che possono violare la sensibilità del singolo minore. La bacchettata del Garante della privacy, alla vigilia del ritorno in classe, è chiara: «Se si vuol condividere su internet o sui social serve il consenso dei genitori degli altri minori che appaiono nelle immagini», poiché «ciò che viene pubblicato online o condiviso nelle chat rischia di non essere più nel nostro controllo e questo vale maggiormente nel caso di minori». Agostino Ghiglia, componente del Garante per la protezione dei dati personali, invita a una riflessione: «L’era digitale in cui più o meno consapevolmente siamo tutti immersi, va affrontata in modo attento e giudizioso, con precauzioni particolari rispetto al passato». Un tema già regolamentato in ambito scolastico, che poi sfugge nel “post scuola”. «La legge italiana sulla privacy e il regolamento europeo tutelano attentamente i minori perché soggetti vulnerabili». Purtroppo sfuggono al controllo le miriadi di chat dei genitori: «Va ricordato a tutti che vanno usate con rispetto e attenzione, e non come sfogo, racconto, tutto ciò che riguarda alunni, figli va messo in rete con cautela, minimizzando le informazioni, fornendo solo quelle utili».Da qui l’appello: «Facciamo attenzione a quello che scriviamo, stiamo parlando di minori, vanno tutelati e protetti. Nella rete diventiamo tutti dei dati, attenzione alle fotografie, possono essere fatte e conservate per un uso domestico e personale ma non diffuse senza raccogliere il consenso di tutti, come fanno le scuole per altro che chiedono il consenso dei genitori anche per diffondere le foto delle gite». Le stesse regole valgono per le “chat delle mamme” insomma. Ghiglia sottolinea come «le foto di minori possono uscire da quel contesto, violare la riservatezza della persona immortalata», entrare in un sottobosco pericoloso. «La foto messa in rete diventa nella disponibilità di decine di persone». E sfugge al controllo. «Esistono tutta una serie di garanzie, la chat non è un’agorà in cui tutto è permesso. La rete corrisponde ormai alla realtà, per questo i reati commessi online vengono perseguiti come se ingiuriassi o violassi dati personali». Eppure la privacy nel chiacchiericcio quotidiano delle chat vacilla. «In teoria qualche genitore informato della foto diffusa del figlio potrebbe chiedere al Garante di aprire un’istruttoria e far comminare sanzioni anche pecuniarie, per diffamazione o indebito trattamento di dati personali».Cyberbullismo, challenge on line, revenge porn, diffusione di materiale illegale sono fenomeni in crescita. «Ciò che diffondiamo in chat va fatto con consapevolezza. E tutti possono opporsi, non demonizziamo le chat ma vanno usate con giudizio, per socializzare, veicolare notizie utili ma non morbose informazioni. Il resto va fatto col il consenso dei genitori». Un dato che poi sfugge è che la rete espone tutti. Dalle vacanze esibite ai dati sensibili su condizioni di salute, economiche, familiari». E non sfugge un altro dato. Gli stessi ragazzi sono più attenti alla privacy e all’educazione digitale. «Hanno più consapevolezza, vivono di più la quotidianità e il pericolo di un eccesso di informazioni in rete». Navigatori digitali più scaltri e attenti dei genitori, sottoposti loro malgrado a esibizionismi e mancanza di rispetto proprio da parte dei familiari, a volte ingenui e in buona fede nel rendere pubblici dati e immagini».Un passo indietro. Le foto tornino nell’album di famiglia, reale o virtuale. Ghiglia cita Martin Luter King: «La tua libertà finisce dove inizia quella degli altri». Il messaggio è: «Proteggendo i nostri dati, proteggiamo la nostra libertà». No alla diffusione di foto senza il consenso di tutti. Un passaggio decisivo, che va veicolato. «Neppure i voti degli scrutinii devono uscire dall’ambito della scuola, come non vanno esplicitate le condizioni di particolare fragilità di un minore. Noi siamo molto attenti alla privacy dei minori con campagne informative». Non tutti hanno chiaro che ciò che diffondi in rete rimane in eterno, difficile uscirne. «E una chat di classe resta quel che è, non è un confronto familiare. Siamo noi i primi tutori della privacy dei figli. E comunque di un altro minore. I giornalisti hanno un altro ruolo, se un ragazzo commette un reato potrebbe diventare un fatto pubblico, ma non è diritto di chiunque non abbia il dovere di giornalista, quello di diffondere la notizia».