la Repubblica, 10 settembre 2024
Appello dei pedagogisti per vietare gli smartphone agli under 14
La stretta sugli smartphone a scuola del ministro Valditara non a tutti basta. Ora c’è una lunga lista di personalità del mondo della pedagogia, della psicologia e del cinema che al governo chiede di più: «Vietare ai minori di 14 anni di avere uno smartphone e proibire agli under 16 di aprire un profilo sui social media». Senza affidarsi al buon senso di questa o di quella famiglia, ma per legge. A guardarsi attorno – nel mondo digitale in cui un terzo dei bambini usa il cellulare ogni giorno e quattro pre-adolescenti su dieci stanno, anche se non potrebbero, su Instagram e TikTok – sembra impossibile. Meglio: irrealizzabile. Proprio per questo non è una boutade.
Da Daniele Novara e Alberto Pellai, primi firmatari, ad Anna Oliverio Ferraris e Silvia Vegetti Finzi. Da Paola Cortellesi e Alba Rohrwacher a Luca Zingaretti e Stefano Accorsi. L’elenco dei nomi di esperti e artisti è lungo, per provare a dare forza scientifica e popolare all’appello rivolto al governo Meloni.«È ormai chiaro che prima dei 14 anni avere uno smartphone personale possa essere molto dannoso così come aprire, prima dei 16 anni, un proprio profilo personale sui social media», scrivono i firmatari. I danni per i bambini e le bambine alle prese con cellulari e tablet sono, secondo gli esperti, di due tipi: «Uno diretto, legato alla dipendenza. Uno indiretto, perché l’interazione con gli schermi impedisce di vivere nella vita reale le esperienze fondamentali per un corretto allenamento alla vita». Nell’appello si dice che «in età prescolare» l’uso o meglio l’abuso di quelle tecnologie che di solito ci facilitano la vita «porta ad alterazioni della materia bianca in quelle aree cerebrali fondamentali per sostenere l’apprendimento della letto- scrittura. I fatti – dicono i firmatari – lo dimostrano: nelle scuole dove lo smartphone non è ammesso, gli studenti socializzano e apprendono meglio. E prima dei 14-15 anni, il cervello emotivo dei minori è molto vulnerabile all’ingaggio dopaminergico dei social media e dei videogiochi».Per questo Novara e gli altri chiedono all’attuale governo di compiere quello che chiamano «un atto d’amore verso le nuove generazioni, per far sì che nessuno dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze possa possedere uno smartphone personale prima dei 14 anni e che non si possa avere un profilo sui social media prima dei 16».L’appello esce, non a caso, nel giorno in cui in Italia viene pubblicato il bestseller dello psicologo statunitense Jonathan Haidt, La generazione ansiosa. Sottotitolo: “Come i social hanno rovinato i nostri figli”. «Bisogna aprire una riflessione anche in Italia, dopo Stati Uniti e Francia – dicono i promotori – Serve una svolta». Nell’appello, però, i firmatari specificano che la loro non è «una presa di posizione anti-tecnologica, ma l’accoglimento di ciò che le neuroscienze hanno ormai dimostrato: ci sono aree del cervello, fondamentali per l’apprendimento cognitivo, che non si sviluppano pienamente se il minore porta nel digitale attività ed esperienze che dovrebbe invece vivere nel mondo reale».L’idea è che ci sia un’età giusta per ogni cosa: «Abbiamo regalato un triciclo a nostro figlio quando era piccolo, poi lo abbiamo fatto salire in bici, ma a tredici anni non gli compriamo la moto. Con lo smartphone dovrebbe funzionare allo stesso modo, perché quella che sembra una loro innata confidenza non significa un giusto uso», dice Pellai. E difatti l’appello, che da oggi diventerà una petizione su Change.org, s’intitola “Smartphone e Social Media: ogni tecnologia ha il suo giusto tempo”. Per Pellai, Novara, Pandolfi e Favino il tempo giusto è dopo i 14 anni.