Corriere della Sera, 10 settembre 2024
Il cervello degli adolescenti danneggiato dal Covid
C he la pandemia da Covid-19 abbia impattato sulla salute mentale degli adolescenti è risaputo. C’è un nuovo studio dell’università di Washington, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas), una delle riviste scientifiche più note a livello internazionale, che ha «fotografato» il cervello dei ragazzi (età 9-17 anni) durante il lockdown. È emerso che gli effetti delle misure restrittive imposte dall’emergenza pandemica hanno provocato uno sviluppo cerebrale accelerato, rispetto all’età anagrafica, di circa 4,2 anni nelle ragazze e 1,2 nei ragazzi. I risultati sono visibili sullo spessore della corteccia cerebrale, lo strato di tessuto esterno del cervello, che si assottiglia naturalmente con l’avanzare degli anni o, in modo insolito, nel caso di stress cronico o traumi, come quelli provocati dalla pandemia.
«In nessun caso della storia recente un così ampio campione di popolazione è stato tenuto in uno stato di libertà limitata come nel marzo-aprile 2020 in corso di pandemia da Covid-19 – spiega Liliana Dell’Osso, presidente della Società italiana di Psichiatria —. Si tratta di un fenomeno nuovo, che può configurarsi come un “trauma di massa”». Dallo studio emerge che il cervello delle ragazze ha risentito di più, rispetto ai maschi, degli effetti del lockdown. «Tutti gli studi epidemiologici evidenziano una maggiore suscettibilità del genere femminile al trauma psichico. Nonostante le donne per natura si espongano meno dei maschi a eventi pericolosi, a parità di esposizione a fattori di stress, come durante la pandemia, sviluppano più frequentemente il Disturbo da stress post-traumatico (Ptsd) che è visibile, come riporta questo lavoro, nei fenomeni atrofici a carico del sistema nervoso centrale», continua Dell’Osso.
Lo stress accelera l’assottigliamento della corteccia cerebrale con un rischio maggiore di sviluppare disturbi neuropsichiatrici e comportamentali ma non è l’unico fattore di rischio. «Oltre allo stress correlato all’isolamento forzato, sono emersi, in soggetti predisposti, sintomi di panico e claustrofobia, causati dalla intolleranza alla solitudine, che sono risultati due volte più frequenti nel sesso femminile che in quello maschile. Nell’adolescenza il genere femminile è più esposto da un punto di vista biologico (ormonale) ed evoluzionistico», spiega l’esperta.
Il cervello «invecchia» con età e a causa dello stress. «Nei giovani è caratterizzato dal neurosviluppo, ovvero dai fenomeni neurogenerativi, con l’avanzare dell’età prevalgono quelli neurodegenerativi che causano invecchiamento fisiologico. Ansia e traumi possono determinare fenomeni neurodegenerativi perché tutti i mediatori dello stress sono neurotossici», dice la psichiatra.
Lo studio, inizialmente pensato per analizzare lo sviluppo degli adolescenti, si è poi concentrato sugli effetti che il lockdown aveva generato sul loro cervello. «L’adolescenza è caratterizzata da un imponente rimaneggiamento cerebrale con fenomeni degenerativi poiché una parte di neuroni va incontro ad apoptosi (muoiono), ma anche rigenerativi, perché se ne formano altri. Questo spiega i cambiamenti, talvolta drastici, che l’adolescente ha a livello caratteriale. Lo stress cronico che i ragazzi hanno vissuto durante la pandemia, come mostra lo studio, ha avuto un impatto sull’assottigliamento della corteccia cerebrale. Ma non è una novità, anche in altri contesti traumatici, come per esempio nei veterani di guerra si aveva lo stesso risultato. Se si misurasse oggi lo spessore della corteccia cerebrale dei ragazzi dello studio probabilmente si potrebbero “vedere” fenomeni neurorigenerativi e assistere a un progressivo miglioramento del disturbo post traumatico da stress, sebbene si tratti di un processo lento», conclude Dell’Osso.