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 2024  settembre 10 Martedì calendario

A proposito dell’Albero degli zoccoli

Farsi bella con Nanni Moretti, bastonare la salma di Gennaro Sangiuliano, infine elogiare un film che non è chiaro se abbia visto: Concita De Gregorio è riuscita a farlo in un solo corsivo, pur breve, ma ha scritto delle sciocchezze come andiamo a dimostrare con questo corsivo, pur breve.
La collega, su Repubblica di ieri, ha citato il regista Moretti che aveva parlato della «pessima legge sul cinema» fatta da Sangiuliano (ci asteniamo dal giudicarla) e poi ha citato anche il film trionfatore a Venezia titolato Vermiglio, «un film girato in Val di Sole, recitato in dialetto da attori in buona parte non professionisti è stato fatto con sostegno pubblico Senza questi fondi il film avrebbe dovuto tradire se stesso, non avrebbe potuto essere recitato in dialetto», parole, quest’ultime, attribuite alla regista trentina Maura Delpero. A margine della pellicola, peraltro, si sono sprecati i paragoni col notissimo L’albero degli zoccoli di Ermanno Olmi (1978) pur esso recitato in dialetto da attori dilettanti. Peccato che il paragone, a guardar bene, finisca per dar ragione alla legge di Sangiuliano: questo indipendentemente, ripetiamo, dalla bontà della legge. L’albero degli zoccoli, infatti,
costò niente e infatti ebbe dei finanziamenti risibili (da Rai e Italnoleggio) ed era recitato in bergamasco per quasi tre ore, ma nei cinema non lo vide nessuno: incassò la bruttezza di 5700 euro di oggi. L’anno dopo, nel 1979, andò in onda su Rai Uno ma, anche lì, il pubblico televisivo rimase relativamente tiepido anche perché fu trasmesso in dialetto bergamasco con sottotitoli; va detto che poi circolò una versione doppiata in italiano «bergamaschizzato» e, ovviamente con sottotitoli, divenne il successo globale che è: fu venduto persino in Urss, Giappone e Vietnam. Ermanno Olmi, sul dialetto, aveva la stessa posizione della regista di Vermiglio: «La parlata dialettale è essenziale col doppiaggio tutto questo andrà perduto». Sbagliano anche i migliori: è l’unico aspetto (l’errore) che può aver accomunato Olmi, regista isolato dalla sinistra, e la collega De Gregorio.