Tuttolibri, 8 settembre 2024
i titoli di coda dell’amore secondo Diego De Silva
Ha proprio ragione Diego De Silva: in una storia d’amore ce ne sono sempre (almeno) due. Almeno una per ciascuno, in cui tutto si racconta per filo e per segno, dall’inizio alla fine con tutto ciò che sta in mezzo e che non è mai una storia sola ma (almeno) una per chi la racconta. Fino a I titoli di coda di una vita insieme, come dice il titolo del suo ultimo romanzo, in uscita per Einaudi.
Alice e Fosco sono sposati da molti anni, hanno un figlio ultraventenne che non vive più con loro. Lei è un medico, oncologa. Lui, guarda caso, uno scrittore: mite eppure sarcastico, maestro delle metafora, arrendevole ma, come tutti, con le sue manie e le sue fobie. A un certo punto della loro vita coniugale qualcosa va storto. Anzi no. Tutto sembra andare come prima eppure qualcosa, anzi molto, non va più. Per cui, di comune accordo (ma poi, giustamente dice l’autore: che senso ha l’espressione «comune accordo»? S’è mai visto un accordo che non sia comune?) decidono che si stanno lasciando.Il gerundio è d’obbligo e il presente storico pure, perché tutto il romanzo – e la vita di Alice e Fosco – si gioca su quel tempo che non ha passato né futuro ma è come una condizione esistenziale più che un’azione o una serie di momenti. Alice e Fosco vanno avanti lasciandosi, e così li segue la pagina, in un regolare alternarsi di voci in cui un po’ parla lei e un po’ parla lui, raccontando ciascuno la propria storia. Il che non vuol dire che le due storie necessariamente confliggano, si rinfaccino torti e ragioni a vicenda, pretendano ognuna di essere quella vera. Perché nella vita coniugale funziona proprio così: le storie sono sempre giuste, appartengono di diritto a chi le racconta e se le racconta. Viaggiano parallele lungo il mondo, ognuna un po’ per conto suo. Così sono Fosco e Alice in questo gerundio in cui si separano e che il romanzo racconta con garbo, ironia, dolore e un estro che tiene la lettura sul filo del punto interrogativo (ma alla fine si lasciano o no?) anche se sappiamo benissimo, sin dall’inizio, quali sono i titoli di coda. Fra questi e quelli con cui il romanzo si apre – e un esergo attribuito a Elsa Morante che la dice lunga, lunghissima, su quel che siamo – ci sono le vite dei protagonisti, ci sono l’ospedale e i malati che Alice incontra e che De Silva racconta con rara delicatezza e non meno rara intensità, ci sono aneddoti dalla vita di uno scrittore, vecchi amici e luoghi delle radici dove si fa tanta fatica a tornare ma quando ci torni sai per certo che non ne sei mai andato via.Fosco, più di Alice, quando racconta la propria storia d’amore è come se sbobinasse tutta una vita, un po’ per sgarbugliare dei nodi, un po’ per crearne di nuovi. Alice è più lucida, meno propensa a un’introspezione fine a se stessa, ma anche lei racconta la sua storia, ed è una storia piena di cose a cui forse prima, mentre le viveva, non aveva badato più di tanto.E allora, come finisce (o non finisce) la loro storia coniugale? Come tante altre e a suo modo, con tutti quei codici che fanno parte di una vita insieme, che creano un piccolo mondo esclusivo intorno a una storia d’amore e poi a un certo punto, chissà quando e come, perdono senso: «Io non saprei dire quand’è successo. È un mio vecchio difetto quello di cercare una scaturigine degli eventi, come volessi credere che c’è sempre qualcuno o qualcosa a cui dare la colpa, benché sappia (gli anni me l’hanno dimostrato tante volte) che niente è ascrivibile a una sola causa e nulla di tutto ciò che conta davvero si spiega». È proprio così, caro Fosco, e questo vale per tutte le storie d’amore che finiscono e anche per quelle che non finiscono. Sta di fatto che il tuo autore, cioè Diego De Silva, riesce a raccontare questa vostra storia, anzi le vostre due storie, in un modo che convince e talvolta persino commuove proprio senza chiedere a chi legge di immedesimarsi, senza cercare una solidarietà o un partito preso – per l’uno, per l’altra, un po’ per lui e un po’ per lei. I titoli di coda di una vita insieme è la cronaca di una vita coniugale, anzi due, che diventa qualche cosa d’altro, dove si racconta con sincerità e sapienza il gerundio presente di una coppia che si vuol bene ma forse non si ama più o si ama ancora ma capisce che quel qualcosa che un tempo dava il senso a tutto si è come volatilizzato, perso fra ricordi e noia, vecchie abitudini e nuove insofferenze, noia e nostalgia. E nonostante questo grande pregio di non far entrare chi legge dentro la storia, di non pretendere di farci entrare in casa con Alice e Fosco o peggio ancora di raccontare anche le nostre, di storie, nonostante questa apparente leggerezza che è poi la capacità di guardare a se stessi e al mondo da una ragionevole distanza di sicurezza, si esce da questo libro un po’ più tristi e forse un po’ più soli di prima, e questo è il suo bello.