Domenicale, 8 settembre 2024
Le vera arma degli Usa, il dollaro
Paper Soldiers di Saleha Mohsin racconta la storia della straordinaria ascesa del dollaro e di come esso sia divenuto l’arma più strategica di Washington. Mohsin, come reporter per Bloomberg News, ha raccolto centinaia di interviste con funzionari e Segretari del Tesoro, della Federal Reserve, della Casa Bianca, del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale e del settore privato, con diplomatici di ogni rango per ricostruire la politica del dollaro negli ultimi trent’anni.
La storia della potenza americana è anche la storia del dollaro che, governando il sistema finanziario globale, ne ha amplificato il dominio economico e militare. Malgrado il dollaro sia divenuto l’asset più importante del mondo in seguito alle tragiche vicende della Prima e della Seconda guerra mondiale, il consolidamento del suo potere è avvenuto solo negli ultimi tre decenni. Sino a quando Vladimir Putin ha lanciato l’assalto alla stabilità globale con l’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio 2022.
Due giorni dopo, il 26 febbraio, in una riunione ristretta, racconta Mohsin, il consigliere alla sicurezza Sullivan sostenne il ricorso all’ “opzione nucleare” dell’arsenale economico americano: tagliare fuori la banca centrale russa dal dollaro Usa. Dopo essersi coordinati con gli alleati (cruciale, sembra, una telefonata di Draghi che assicurò l’appoggio dell’Europa), gli Stati Uniti hanno schierato il potere di un sistema globale integrato con 30 Paesi (più della metà dell’economia mondiale) per lanciare una guerra economica contro la Russia, a sostegno dei principi liberal democratici e di un ordine basato su regole condivise per la sicurezza e la pace.
Così, secondo Mohsin, i leader della nazione hanno accelerato la possibilità di caduta del dollaro mentre il mondo entra in una nuova era di rivalità tra grandi potenze.
Di fatto, ben presto potenze revisioniste e leader non allineati con Washington, come Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa (Brics), hanno iniziato a cercare alternative al dollaro, per rafforzare il potere della loro alleanza e per sviluppare un nuovo meccanismo commerciale condiviso eludendo il biglietto verde. Da quando è stato incoronato come valuta di riferimento mondiale a Bretton Woods, nel 1944, il dollaro ha affrontato diverse minacce e le fratture, probabilmente piccole ma significative, stanno diventando ormai permanenti. Nel 2001, il dollaro rappresentava il 73% del totale delle riserve valutarie detenute dalle banche centrali. Dopo due decenni di sanzioni economiche, una crisi finanziaria e una crescente sfiducia nei confronti dell’America, questa percentuale è scesa sotto il 60.
Le domande di investitori e alleati sul dominio del dollaro si sono intrecciate con quelle sull’egemonia americana.
Il dollaro è sopravvissuto alla catastrofe finanziaria globale e, più tardi, anche a un presidente imprevedibile e volatile come Trump disposto a indebolire il dollaro per ottenere un vantaggio politico grazie al mercato dei cambi.
La politica del dollaro forte è stata il cardine della globalizzazione nel 1990, insieme a un’integrazione economica planetaria che ha esacerbato il drenaggio del settore manifatturiero statunitense e irrigidito la mobilità sociale. Il caos sociale e culturale che ne è derivato – osserva Mohsin – sta emergendo come una pia»ga per i principi centrali della democrazia americana.
La storia ha dimostrato il legame tra moneta e dominio politico nel corso di molti secoli. Nel XVIII secolo, la sterlina inglese sostituì il fiorino olandese quando la Gran Bretagna acquisì influenza economica. Il dollaro ha vinto nei decenni successivi, con l’America che ha superato la Gran Bretagna come la più grande economia del mondo a metà del XX secolo. Il flusso della marea potrebbe cambiare di nuovo. Le conseguenze della de-dollarizzazione del sistema finanziario mondiale sarebbero enormi. Sia all’interno, perché realizzare il sogno americano con una mastodontica quantità di debito sarebbe assai difficile. Sia all’esterno, perché un calo di status del dollaro come valuta di riserva frenerebbe le opzioni politiche di Washington indebolendo un meccanismo cruciale di influenza geopolitica.
Ma i robusti dati economici suggeriscono che l’America continuerà per ora il suo regno, e che lo farà anche il dollaro. In pratica, non esiste un’alternativa ovvia al biglietto verde. Lo yuan cinese è ostacolato dalla dipendenza di Pechino dall’ingerenza del governo che gli investitori disdegnano. Anche l’euro farebbe fatica a diventare la valuta di riserva mondiale poiché non rappresenta un’economia potentemente unitaria. Le valute digitali rimangono marginali e non testate. Di fatto, il commercio bilaterale fra Paesi che eludono il dollaro si è rivelato difficile perché nessuna valuta può essere scambiata facilmente come i dollari.