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 2024  settembre 08 Domenica calendario

Meloni e Zelens’kyj, vertice a Cernobbio

«Sono molto soddisfatto». E poi, in italiano: «Grazie mille». Bastano poche parole pronunciate di sfuggita nei corridoi di Villa d’Este a Cernobbio per capire che la due giorni in riva al lago di Volodymyr Zelens’kyj è stata fruttuosa. Scuro e teso venerdì, più disteso e sorridente ieri. Decisivo il vertice la notte scorsa con la delegazione americana e il faccia a faccia di quasi 40 minuti con la premier Giorgia Meloni. È andato «very good», dice il presidente ucraino; «È andato bene», conferma la presidente del Consiglio. Ma non sono solo parole di facciata pronunciate a caldo. C’è molto di più e a spiegarlo sono proprio i diretti protagonisti. «Ringrazio Giorgia Meloni, che ci ha aiutato fin dai primi giorni per il ripristino di una pace giusta, siamo molto grati», dice Zelens’kyj. «Sull’Ucraina non dobbiamo mollare e dobbiamo continuare a sostenerla», ha ribadito Meloni, confermando la solidità dell’asse Roma-Kiev. L’intervento di Giorgia Meloni infatti è stato chiaro, netto e senza alcun margine di interpretazione. «Non ho mai cambiato idea sull’Ucraina e all’Italia viene riconosciuta una postura seria. Penso che non si deve mollare e non si deve mollare l’Ucraina al suo destino perché questo porterà caos e non pace. E non penso affatto che il destino della guerra in Ucraina sia segnato», ha detto la premier. «Dobbiamo fare attenzione a non cadere nelle trappole della Russia. L’invasione dell’Ucraina nasce con l’idea di una guerra lampo. Oggi, a due anni di distanza, ci rendiamo conto che quell’obiettivo è lontano anni luce. Non è una vittoria imminente della Russia, è uno stallo». E poi, ancora più tagliente, rivolgendosi a quanti sostengono che l’invio di armi a Kiev allontani la pace. «A quelli che mi parlano di pace, che dicono che noi non dobbiamo inviare le armi all’Ucraina perché così creiamo pace, voglio segnalare sommessamente che se c’è stata un’invasione non c’è bisogno di nessun tavolo di trattativa, che si crea forse se c’è uno stallo tra le forze in campo. Noi abbiamo creato quello stallo per costruire la pace. Penso che abbiamo fatto e stiamo facendo la cosa giusta sia moralmente sia nell’interesse italiano», ha detto. E a molti saranno fischiate le orecchie. Il governo tira dritto nella linea del sostegno a Kiev anche perché, spiega Meloni, «se saltano le regole di diritto internazionale avremo una moltiplicazione delle crisi e il caos. Non conviene a nessuno vivere in un mondo in cui nessuno rispetta la legalità internazionale e lo Stato più forte può invadere il vicino più debole. L’unica cosa che non si può fare è abbandonare l’Ucraina al suo destino. E questa è la scelta che sta attuando l’Italia e che non cambierà».
Anche se Zelens’kyj continua a spingere perché venga tolto il veto occidentale all’utilizzo delle armi a lungo raggio su territorio russo, conferma che «non abbiamo problemi con l’Italia e nelle relazioni con l’Italia» e ribadisce che con Giorgia Meloni «abbiamo parlato dei missili di difesa Samp-T e dei preparativi della conferenza internazionale sulla ricostruzione dell’Ucraina» prevista per il prossimo anno proprio nel nostro Paese. Poi, sul conflitto in corso, il presidente ucraino ha spiegato che una svolta è possibile. «Siamo più vicini alla fine della guerra, non possiamo però accettare ultimatum sulla cessione del 30% del nostro territorio e del nostro popolo e perdonare i massacri» perché «è lui, Putin che ha iniziato la guerra. Dovrebbe cessare i bombardamenti e far vedere al mondo che vuole terminare la guerra». Non solo. Zelensky ha anche annunciato un nuovo piano per arrivare alla fine del conflitto. «Ho preparato un piano e a novembre voglio condividerlo con il presidente in carica degli Stati Uniti perché alcuni punti dipendono dall’America. Spero che avrò occasione di far vedere questo piano a Biden e ai potenziali candidati per la presidenza Usa, Harris e Trump, e avere un feedback e un riscontro. Noi vogliamo delle garanzie: parliamo di un pacchetto concreto di difesa che sarà un forte deterrente per la Russia e per poter terminare la guerra alle condizioni diplomatiche». Un barlume di speranza tra le bombe e i missili. Con il contributo forte, importante e decisivo dell’Italia. Ecco perché «Grazie mille».