Corriere della Sera, 7 settembre 2024
Orbán show: «L’Unione politica è una sciagura». L’attacco su Salis
Cernobbio Viktor Orbán da giovane ha perfezionato gli studi al Pembroke College di Oxford, grazie una borsa di studio finanziata da George Soros. E di quei giorni conserva il ricordo di come studiò e utilizzò il pensiero di Antonio Gramsci per la sua tesi. «Studiavo l’ascesa di Solidarnosc in Polonia – dice al Corriere in una pausa dei lavori del Forum Teha Ambrosetti a Cernobbio —. Quei dissidenti capirono che non potevano vincere grazie ai loro mezzi materiali: dovevano persuadere la gente, secondo il concetto di egemonia culturale di Gramsci».
Di acqua ne è passata sotto i ponti, dal giovane Orbán del 1989 al premier stagionato e sicuro di sé che si è presentato ieri al Forum. Non solo perché lui stesso è passato da Gramsci alla teoria e alla pratica dell’illiberalismo; né perché Soros è passato dal ruolo di filantropo che ha donato al futuro leader dell’Ungheria un’apertura all’Europa – a lui e a migliaia di studenti dell’Est – a capro espiatorio di tutti i problemi del potere a Budapest.
Nel frattempo è cambiata anche l’Europa, perché la guerra della Russia alle porte rende vitale anche la forza materiale e non solo l’egemonia gramsciana: servono armi e materie prime. Su questo Orbán, reduce da incontri all’inizio dell’estate con Vladimir Putin a Mosca e Volodymyr Zelensky a Kiev, non cambia posizione. Spiega al Corriere: «Non è la nostra guerra, è una guerra fra due nazioni slave. Non voglio dare a nessuna delle due alcun consiglio, non è il mio compito. Voglio tenere separato me stesso e il mio Paese il più possibile da quel conflitto». E continua, l’uomo forte di Budapest: «Le mie osservazioni critiche sulla politica europea riguardano il fatto che, invece di seguire l’interesse europeo, noi stiamo identificando la nostra posizione con quella dell’Ucraina e questo ci porta sempre più in profondità dentro il conflitto. Non è buono per l’Europa, anzi è molto negativo. L’interesse dell’Europa sarebbe la pace, fermare il conflitto. Invece siamo diventati una delle parti in guerra».
Poco conta far notare ad Orbán che se l’Occidente non sostenesse il Paese aggredito, l’Ucraina, il precedente peserebbe sull’Europa e l’intero ordine mondiale. L’Ucraina stessa crollerebbe e la pressione militare russa sarebbe alle frontiere dell’Unione europea. Inutile rispondergli che la Russia non ha alcuna intenzione di negoziare. Il premier di Budapest contesta questa lettura. Dice al Corriere: «Ho incontrato Putin e Zelensky, conosco i loro argomenti. Se Putin fosse più forte e avesse una reale possibilità di attaccare la Nato, allora sarebbe diverso. Ma la Russia non è neanche abbastanza forte da schiacciare gli ucraini. Come fa ad affrontare una guerra contro gli Stati Uniti, la Germania, la Francia e l’Italia allo stesso tempo? È fuori discussione – taglia corto Orbán —. Non è in gioco la nostra sicurezza. Se l’Europa ha scelto di diventare parte in questo conflitto, l’Ungheria non ha la stessa posizione».
L’interesse dell’Europa
Stiamo identificando la nostra posizione con quella dell’Ucraina. Non è buono per l’Europa
Questo non impedisce a Orbán stesso di essere molto attivo, a suo modo. Ma i suoi viaggi a Mosca e a Kiev non hanno prodotto risultati. «Dobbiamo convincere entrambe le parti e la comunità internazionale che serve immediatamente un cessate-il-fuoco. Non un accordo di pace, che prenderà tempo. Migliaia di persone muoiono ogni giorno e da un punto di vista cristiano è inaccettabile, bisogna ristabilire le comunicazioni – dice il premier ungherese —. Ma purtroppo né Zelensky, né Putin sono a favore di un cessate-il-fuoco. L’ho proposto a entrambi ed entrambi pensano che il tempo giochi a loro favore».
I rapporti con la Russia in realtà sono anche più stretti. In questi giorni Budapest sta negoziando con Mosca (e Kiev) qualcosa di vicino ai suoi interessi: l’Ucraina ha messo sotto sanzioni Lukoil, la compagnia petrolifera russa dalla quale l’Ungheria importa greggio da un oleodotto che attraversa tutta l’Ucraina. Ora Orbán punta ad aggirare le sanzioni di Kiev. Gli serve un accordo in base al quale la compagnia magiara Mol comprerebbe il greggio di Lukoil direttamente in Russia, in modo che sia già di proprietà ungherese quando attraversa l’Ucraina. «La nostra azienda tratta con russi e ucraini e si va avanti – dice Orbán – credo che troveranno una soluzione». Certo l’Ungheria ha la leva del veto su molte decisioni europee per l’Ucraina, se Kiev non accettasse.
L’uomo forte di Budapest, a Cernobbio, è decisamente in forma. «Giorgia Meloni non è solo una collega, è mia sorella cristiana», osserva. Infine una battuta su Ilaria Salis: «È sorprendente vederla al Parlamento europeo: venire in Ungheria per commettere atti di violenza e poi essere eletti è nello stile italiano, non nel nostro».