Avvenire, 7 settembre 2024
In Israele sono raddoppiati i casi di stress post-traumatico. Anche nei bambini
«Dal 7 ottobre la richiesta di assistenza psicologica e psichiatrica in Israele è quasi raddoppiata». Lo spiega, a quasi un anno dall’inizio del conflitto, Cinzia Klein, psicologa e psichiatra del “Geha Mental Health Center” di Petah Tikva, docente alla facoltà di Medicina dell’Università di Tel Aviv e psicoanalista presso l’Istituto Psicoanalitico di Gerusalemme.
Quali patologie state riscontrando?
I casi di Ptsd (Stress post traumatico) sono passati dal 10% al 20- 25%, e tra le persone che soffrivano già prima di altre patologie si assiste a una drammatica riattivazione delle malattie di base: un raddoppiamento di casi che richiedono anche nuovi aggiustamenti a livello di terapia sia psicologica che psichiatrica. Questi dati, peraltro, riguardano persone di ogni appartenenza: ebrei, musulmani, cristiani, drusi, circassi, ovvero tutti i cittadini israeliani.
Qual è la tipologia di pazienti che ha maggiormente bisogno di aiuto?
Senz’altro i soldati e le loro famiglie, che si trovano a subire il maggiore impatto dei terribili avvenimenti di questa guerra. E, come loro, le famiglie degli ostaggi e delle vittime del 7 ottobre, e anche quelle di chi si è salvato. C’è poi il trauma continuo degli sfollati: i cittadini del sud e del nord. La lista è lunga. Ma esiste anche il cosiddetto “terzo livello di contatto” che raggiunge quasi l’intera popolazione israeliana. Stando a due ricerche realizzate dall’Universita’ di Tel Aviv e di Haifa, risulta che solo il 20% della popolazione sta reagendo senza presentare sintomi post-traumatici. Tra le cause che provocano Ptsd, quella più rilevante è la preoccupazione costante per la situazione degli ostaggi, seguita dalla sensazione di insicurezza e mancanza di fiducia per il futuro. Al terzo posto si aggiunge la preoccupazione per la situazione economica.
Come sta reagendo il sistema sanitario?
La richiesta massiva di aiuto psichiatrico e psicologico ha messo in ginocchio un settore già in difficoltà all’interno della sanità nazionale. Oggi più del 50% delle persone che necessitano assistenza non possono essere aiutati. La liste di attesa negli ambulatori pubblici prevedono tempi tra gli otto mesi e l’anno. Una spirale perversa perché, a causa della crisi economica, metà della popolazione non si può permettere una terapia privata.
Quanto sono stati colpiti i bambini?
Nella fascia di età dei bambini e degli adolescenti si evidenzia un aumento del tutto simile a quello degli adulti: un raddoppio di Ptsd, di ansia e di regressione. In genere i bambini introiettano l’ansia dei genitori, quindi l’impatto di questa sindrome nella popolazione si riflette in un aumentoparallelo tra i minori.
Nel lungo periodo, l’utilizzo intensivo di psico-farmaci potrebbe creare assuefazione?
Sì. E oltre ai seri rischi di assuefazione, uno dei problemi principale è che i pazienti post-traumatici non reagiscono in modo efficace alla terapia farmacologica senza l’appoggio di un serio lavoro di psicoterapia. Che, come abbiamo visto, il sistema non riesce a garantire.
Per quanto tempo un Paese può affrontare una situazione del genere?
Purtroppo, non esistono altri esempi di Paesi occidentali che abbiano passato una simile situazione, né ci sono ancora ricerche o dati conclusivi in questo campo. Dal punto di vista di noi professionisti c’è molto pessimismo anche a causa della totale mancanza di visone sul lungo periodo da parte dell’attuale governo. Sappiamo solo che gli effetti di lungo periodo, per gli israeliani e per i palestinesi, saranno pesanti