il Fatto Quotidiano, 7 settembre 2024
Grillo minaccia la causa “Sono il Garante, decido io”
Adesso può davvero succedere di tutto, dentro i Cinque Stelle. “Ora è proprio guerra”, scandisce Beppe Grillo ai fedelissimi sentiti per telefono. Il fondatore è pronto anche alla battaglia in tribunale, pur di fermare la costituente di Giuseppe Conte e salvare il totem dei due mandati. “Potrebbe minacciare il ritiro del simbolo” sostengono fonti trasversali. Uno scontro da dentro o fuori tra il garante, che nell’ennesimo post della sua estate bellica rivendica i suoi poteri da Statuto, citando l’articolo 12 – quello che gli attribuisce “il potere di interpretazione autentica, non sindacabile, delle norme del presente Statuto” – e Giuseppe Conte, che Grillo non aveva neppure avvertito del suo blitz romano di mercoledì. Uno sberleffo al leader del Movimento, da dove ribattono subito che “i poteri del garante sono privi di efficacia giuridica” e che a decidere tutto su regole, organizzazione e rotta politica “sarà l’assemblea sovrana” nella costituente del prossimo ottobre. Così va tra l’ex premier e Grillo, ripartito ieri mattina dall’Hotel Forum, la sua consueta base romana, senza dire una sillaba ai cronisti.
Prima di andarsene ha visto l’amico di vecchia data Elio Lannutti, ex senatore. Si racconta di contatti e incontri con altri fedelissimi, e nel Movimento sospettano che abbia visto o almeno sentito dei legali. Di certo non ha avuto alcun contatto con Conte. “Questa frattura non si può più ricucire”, riconoscono tutti nel M5S. Perché Grillo ha lasciato dietro di sé un post che è un guanto di sfida in vista della costituente, dal titolo Repetita iuvant (“le cose ripetute giovano”), per ribadire che finora l’ex premier ha ignorato i suoi scritti: “Ormai è chiaro come il sole: a ottobre vi troverete davanti a un bivio, costretti a scegliere tra due visioni opposte di cosa debba essere il Movimento. La prima è di una politica che nasce dal basso, e non da politici di professione, la seconda è quella di Conte”. Bisogna schierarsi, esorta, rivolgendosi innanzitutto a iscritti e attivisti, per fermare quella che bolla come “un’opera di abbattimento, per costruire qualcosa di totalmente nuovo che nulla ha a che spartire con il M5S”. Di sicuro lui farà muro: “Sono pronto a esercitare i diritti che lo Statuto mi riconosce in qualità di Garante, ossia custode dei valori fondamentali dell’azione politica del Movimento. E quindi, secondo quanto afferma l’art. 12, lettera a) numero 2, ribadisco che ci sono degli elementi imprescindibili del M5S che devono restare tali affinché il Movimento possa ancora dirsi tale: il nome, il simbolo e la regola dei due mandati”. In sintesi, richiama quella norma che giorni fa Luigi Di Maio aveva definito “una prerogativa papalina” per Grillo. “Ma non la userà” aveva pronosticato l’ex ministro, sulfureo. E invece eccola, l’ultima carta.
Appena leggono quelle righe, nel M5S le interpretano come un avviso: fermatevi, o finirà a carte bollate. “Grillo vuole vietare a Conte di toccare quei pilastri”, conferma un ex eletto che lo conosce bene. Ma ai suoi l’ex premier assicura che il garante ha le armi spuntate. E fa uscire allo scoperto Alfonso Colucci, deputato, a capo dell’organo di controllo del Movimento. “Quella norma dà luogo a una mera raccomandazione: si tratta di moral suasion ed è priva di qualunque efficacia giuridica. Un’interpretazione differente dei suoi poteri configurerebbe un potere padronale e di natura feudale, che contrasta con un principio fondamentale: l’assemblea è sovrana, come in ogni associazione. Il garante non può bloccare nulla”. D’altronde, “anche la commissione di vigilanza sugli statuti dei partiti ha detto che le decisioni del garante non hanno efficacia nei confronti del giudice, per il principio di democraticità”.
Tradotto: da quando il M5S fa uso del 2 per mille, deve osservare le norme che valgono per tutti i partiti. Infine, la regola dei due mandati, contenuta nel Codice etico e non nello Statuto. Ergo, “il potere di interpretazione non può comunque riguardarla”. Siamo già alle deduzioni e controdeduzioni, come in un processo. Mentre la vicepresidente dei senatori del M5S, Alessandra Maiorino, accusa: “Grillo, sei un padre padrone, vuoi distruggere la tua creatura”. Batte un colpo anche Danilo Toninelli, tuttora nel collegio dei probiviri: “Grillo scrive quello che è giusto per il Movimento, ma mi pare scontato che la rottura tra lui e Conte ci sia già oggi”. Verranno altre settimane amare, per il M5S.