Il Messaggero, 7 settembre 2024
L’ascesa dell’estrema destra
I partiti di estrema destra crescono nelle elezioni in Germania, sono al governo in sette Stati dell’Unione e diventano determinanti nella stabilità dei nuovi governi, come quello appena varato in Francia da Macron. La vecchia politica che mirava ad escludere dai giochi i nostalgici del fascismo e del nazismo non è riuscita a fermarne l’ascesa. E come sempre avviene quando un rivale minaccia le tue posizioni, si finisce con l’adottarne un po’ le strategie e con il cercare punti d’incontro, nella speranza di riuscire a normalizzare e a tenere a bada il nemico. È quello che sta avvenendo non solo nel nuovo governo francese, dove l’astensione del Rassemblement National sarà determinante, ma più in generale nella gestione dell’Europa. Per bloccare la crescita della destra radicale, Bruxelles ha inasprito la sua politica migratoria, favorendo il blocco delle partenze in paesi che non rispettano i diritti umani. Lo stesso avverrà, e sta già avvenendo, con le politiche climatiche e con gli altri temi che sono i cavalli di battaglia dei populisti. La collaborazione politica con la destra radicale è diventata oggi quasi un passaggio obbligato, ma non è esente da rischi. Negli anni ’30, in Germania, i conservatori tedeschi si allearono con i nazisti, che li fagocitarono. Caduto Hitler, i partiti di centro-destra ricordarono la lezione e si rifiutarono di cooperare con gli estremisti. Molti conservatori sembrano invece oggi disposti a dimenticare i loro principi, perché i sondaggi li avvertono che, mantenendoli saldi, si rischia di perdere le elezioni. L’estrema destra è il frutto di una reazione a tutto ciò che, rappresentando il progresso, scardina la stabilità e i valori consolidati. Molte persone hanno paura delle innovazioni scientifiche che fanno fatica a comprendere, dell’attenzione alle questioni di genere, dell’invasione degli immigrati, del calo del tenore di vita, della perdita dello status sociale, dell’aumento dei prezzi, dei salari bloccati da troppo tempo, della crisi abitativa, del costo della transizione verde. I ricettacoli del malcontento sono ovunque presenti in Europa e l’estrema destra è stata molto abile, quando era più lontana dal potere, ad approfittarne. Il risentimento non si ferma però mai troppo a lungo nello stesso luogo. È volatile e imprevedibile, e se i politici che hanno promesso soluzioni e riforme non riescono poi ad attuarle, vengono alla prima nuova elezione sostituiti con altri. Quando si è all’opposizione, di solito si indica che cosa non va, ma non si offrono soluzioni. Quando invece si devono gestire i problemi in prima persona si ammorbidiscono le posizioni, si diventa più prudenti e ragionevoli. Marine Le Pen, in Francia, oggi non chiede più di uscire dall’Euro, ma si limita a dire che l’Europa va riformata. Il colossale fallimento della Brexit, d’altra parte, è lì a ricordare a tutti quando sia pericoloso attuare politiche di destra troppo radicali e anti europee, anche se sono servite a farsi eleggere. L’estrema destra ha poi una capacità di governo limitata, perché non dispone di una classe dirigente all’altezza dei problemi che dice di poter risolvere. In Europa si tiene ormai quasi ogni giorno un convegno sul pericolo di una deriva verso l’estrema destra, ma nessuno degli esperti che ne parlano ritiene che prenderà il sopravvento. La Polonia, la Spagna e la Francia hanno respinto gli estremisti nelle ultime elezioni. In Gran Bretagna ora governano i laburisti, e nel Parlamento europeo la destra non è un corpo unico, ma è frantumata in blocchi che hanno opinioni diverse su questioni rilevanti come la guerra in Ucraina. In Europa e in gran parte del mondo è in atto uno sconvolgimento sociale provocato dalla doppia transizione verso l’economia digitale e l’economia verde, nel mezzo dei problemi creati dai mutamenti climatici, da due guerre e dalle migrazioni. I cittadini hanno la sensazione che i governi non siano all’altezza della situazione, che ci sia una carenza di leadership, e si lasciano convincere da chi li illude con demagogia e populismo che si possa tornare indietro ai bei tempi andati. Gli altri partiti possono reagire adottando lo stesso populismo, un po’ come sta facendo Kamala Harris contro Donald Trump negli Stati Uniti, e cercando punti d’incontro che trasformino gli estremisti in compagni di percorso: è la scelta più facile. Oppure possono ritornare a prestare più attenzione a quello che chiede la gente. Si ha ormai l’impressione che i politici di centro e di sinistra abbiano paura di affrontare le persone per discutere dei loro veri problemi. Si affidano troppo a intermediari digitali come X e Telegram, e a specialisti di comunicazione che curano i loro profili social. I politici di estrema destra sono invece più bravi nel lavoro sul campo e discutono spesso con le persone, dando loro l’impressione di aver capito meglio i loro problemi. Se bisogna copiare qualcosa da loro, questa potrebbe essere la prima