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 2024  settembre 07 Sabato calendario

Monfalcone vieta il cricket

L’ex sindaca leghista di Monfalcone, la geniale Anna Maria Cisint, con una delle sue ultime ordinanze prima di andare all’Europarlamento, ha proibito il gioco del cricket nel suo comune. Multe fino a 100 euro a chi trasgredisce. La intelligentissima trovata è l’ultimo atto del lungo braccio di ferro ingaggiato dall’ex prima cittadina con la comunità di immigrati dal Bangladesh che lavorano per lo più al cantiere delle grandi navi da crociera di Fincantieri. Ne parla anche la Bbc, con un lungo reportage tra lo stupito e l’indignato: toccare il cricket agli inglesi è come toccare il calcio da noi.Non sa, la Cisint, che il cricket è il secondo sport più popolare al mondo, seguito da oltre due miliardi e mezzo di persone. Non sa che questo antico gioco nato più di cinquecento anni fa sui verdi prati d’Inghilterra è lo sport dei gentleman, simbolo del fair play, della correttezza e del rispetto verso gli altri. Anche se lo sapesse, ma ne dubitiamo, è evidente che non le importerebbe. All’ex sindaca leghista, che nella giunta comunale di Monfalcone ha mantenuto le deleghe principali, interessa solo un fatto: lo giocano gli immigrati bengalesi, che sono musulmani, e come tale va proibito. Con la scusa, più che ridicola, che non ci sono spazi adeguati in città e che la pallina è pericolosa. Ordine e decoro, insomma. Ne hanno fatto le spese venti ragazzi multati di 100 euro nell’aprile del 2023.Facciamo un passettino indietro e diamo qualche dato per inquadrare la situazione: Monfalcone non esisterebbe senza Fincantieri, Fincantieri non esisterebbe senza la manodopera straniera, la comunità straniera è quasi un terzo della popolazione della cittadina friulana, che conta 30mila abitanti. Gli stranieri sono per lo più bengalesi (ci sono anche un po’ di immigrati dell’Est Europa, ma sono la minoranza). I bengalesi sono per lo più musulmani. Ed eccoci al punto. All’ex sindaca leghista questo fa salire il sangue agli occhi e da quando è stata eletta nel 2016 ha ingaggiato una sua personale battaglia per la difesa della cultura italiana e contro l’islamizzazione della società. Con i bengalesi è scontro permanente: ha fatto rimuovere le panchine nella piazza centrale dove gli immigrati si radunavano la sera. Ci vanno lo stesso, ma stanno in piedi. Ha proibito alle donne musulmane di indossare gli abiti lunghi per fare il bagno in mare, con la scusa che poi tornano sui mezzi pubblici creando problemi al decoro. Vorrebbe che non indossassero il velo, che non studiassero l’arabo (per capire il Corano), che non osservassero il Ramadan.Ha proibito di usare due centri islamici come luoghi di preghiera. Ha pubblicato anche un libro, con un titolo che scimmiotta un po’ la Fallaci dell’ultima ora e un po’ Michel Houellebecq: Ora basta. Immigrazione, islamizzazione, sottomissione: trattasi di una lunga intervista raccolta dal giornalista Lucio Gregoretti, con immancabile prefazione di Matteo Salvini.
Monfalcone potrebbe essere un esempio cristallino di integrazione grazie al fatto che gli immigrati sono tutti regolari, arrivano già con un contratto in tasca, portano ricchezza e sono indispensabili al funzionamento di Fincantieri, per altro grande azienda pubblica (che per paradosso fa capo al governo) e anche all’indotto foraggiato dal cantiere. Invece no. Siamo allo scontro di civiltà. La prossima mossa potrebbe essere la proibizione dell’uso della bicicletta, che è il mezzo di locomozione più diffuso e popolare tra i lavoratori bengalesi.Rimanendo nel campo del ridicolo, torniamo alla questione del cricket. Vietare il cricket va oltre ogni pretesa di difesa delle civiltà e di lotta all’islamizzazione. È stato anzi accusato di essere un gioco “coloniale”, emblema della dominazione imperiale inglese sul mondo. Infatti lo giocano soprattutto nei paesi del Commonwealth, dove i perfidi albionici avevano esteso la loro influenza.L’ex sindaca leghista non lo sa, ma il cricket è un simbolo della civiltà occidentale, che si sostanzia nel Preambolo alle Leggi che regolano il gioco, ovvero in quello che viene definito lo Spirito del Cricket (con le maiuscole). Recita il preambolo: «Il cricket deve gran parte del suo fascino e del suo divertimento al fatto che deve essere giocato non solo secondo le regole, ma anche secondo lo Spirito del Cricket. Qualsiasi azione che sia vista come contraria a questo Spirito causa un danno al gioco stesso. La responsabilità principale di assicurarsi che il gioco sia condotto secondo lo spirito del fair play è dei capitani. Essere uniti ti consente di migliorare».Può un gioco che si basa su un tale spirito danneggiare la cultura italica? Può essere sintomo di islamizzazione? Siamo oltre l’ignoranza, questa è paranoia e malafede razzista.Il punto di riferimento del Cricket mondiale non è a Islamabad né a Teheran, ma in uno stadio nel centro di Londra, il Lord’s Cricket Ground, dove ha sede il Marylebone Cricket Club, che sta al cricket come Wimbledon sta al tennis. Luogo peraltro bellissimo, dove un turista accorto può fare una visita, allungandosi di un mezzo miglio verso nord rispetto alla visitatissima (e falsissima) casa museo di Sherlock Holmes in Baker Street. Lì, nel tempio del cricket, l’ex sindaca leghista potrebbe anche apprendere in cosa si sostanzia lo Spirito del Cricket. Lo sintetizziamo qui, perché ci si possa fare un’idea sulla pericolosità del gioco: «Rispettare il vostro capitano, i compagni di squadra, gli avversari e l’autorità degli arbitri; giocare con impegno e correttezza; accettare le decisioni dell’arbitro; creare un’atmosfera positiva con il proprio comportamento e incoraggiare gli altri a fare altrettanto; mostrare autodisciplina, anche quando le cose vanno male; congratularsi con gli avversari per i loro successi e apprezzare quelli della propria squadra; ringraziare gli ufficiali di gara e gli avversari alla fine della partita, qualunque sia il risultato». Questo lo Spirito, facile e comprensibile. Per le regole, che si chiamano Leggi (con la L maiuscola), la faccenda è più complicata: sono talmente complesse che anche gli inglesi si affidano a piccoli manuali di consultazione rapida