La Stampa, 7 settembre 2024
Vittorio Sgarbi e il paradosso dell’amante. Lo scandalo avviene se non la nomini, non se la nomini
Vittorio Sgarbi, come al solito, sorprende. Gennaro Sangiuliano è stato un suo grande avversario, lo scontro con lui a portarlo alle dimissioni da sottosegretario alla Cultura, ma nel giorno della caduta del ministro lui non infierisce, o almeno non quanto uno potrebbe aspettarsi. «È una cosa malinconica – dice – difficile da commentare. Mi fa molta tenerezza, mi spiace per lui... Lui ha fatto di tutto perché io mi divertissi firmando esposti anonimi, ma io non mi compiaccio affatto della sua caduta. Molte cose si possono criticare di lui, ma questa è una cosa insensata. Al di là del suo merito e delle sue capacità è una caduta sul niente. Basti pensare che se l’avesse nominata non sarebbe successo nulla...».Come non sarebbe successo nulla? Non ci sarebbero stati gli attacchi per aver scelto come consigliera una persona con cui aveva una relazione?«Ma no. Intanto la nomina a consigliere supera la dimensione di amante. E poi non è che il fatto che fosse la sua amante impedisce la nomina… Il fatto è che non ci sarebbero state le polemiche alimentate da lei. È una vicenda amara e paradossale, se l’avesse nominata non sarebbe capitato niente».Ma scusi, Boccia aveva il profilo per quel ruolo?«Sì, sì. Un profilo di grande capacità operativa, non inferiore a quello di altri che aveva assunto come consiglieri. Non è che i collaboratori che lui ha nominato nel corso del tempo fossero degli statisti».Ha capito perché ha lasciato dopo il “mea culpa” al Tg1?«È stato sbagliato soprattutto parlare al Tg1, doveva solo nominare lei e non fare altro. Tutto il resto è un errore dietro l’altro. Lui si è trovato travolto dalla questione formale, cioè dalla richiesta di Boccia di essere confermata, richiesta a cui si è opposto evidentemente una parte delle persone che gli sono vicine, tra cui probabilmente la moglie. Questo veto ha determinato una reazione così mastodontica (di Boccia, ndr) e di cui non conosciamo ancora l’estensione».Una reazione che però sembra preparata: da tempo lei registrava, conservava mail, non è un gesto impulsivo…«Ma no, lei aveva quel materiale in quanto due persone che hanno rapporti si scambiano messaggi o altro. Non è che si era creata una linea di difesa preventiva. Sarebbe diabolico...».Non crede a Sallusti che ipotizza una regia dietro la vicenda?«Ma no, non ci può essere nessuna regia. Lei si fidava di lui e lo ringrazia della nomina. Quando scopre che non è così usa a proprio vantaggio quello che aveva. In realtà a vantaggio di nulla, perché cade lui e cade lei».Meloni è andata in tv a difendere Sangiuliano. Anche lei ha sbagliato?«Si, anche lei… Ha ascoltato lui. Io non credo che Boccia abbia le chat delle conversazioni, è tutto romanzato. Ma si è dimostrata così abile – col materiale che aveva – da dare la prova che meritava di essere nominata. Possiamo dire che ha vinto il concorso non per titoli ma per esame».La premier ha scelto Giuli per sostituire il ministro. Che ne pensa?«Giuli era in linea un’altra delle personalità considerate dalla premier, per questo fu nominato al Maxxi. Ha fatto una cosa logica, ha nominato un altro a cui lei dà la sua fiducia».Qual è il disegno di Meloni: una nuova egemonia culturale? Nazione al posto del Paese e cose così? Un nuovo glossario della repubblica italiana?«Mah, di certo non è il pensiero di Giuli: è abile, ha esperienza di equilibri tra destra e sinistra, non farà di questi errori nominalistici. La cosa che potrebbe fare è nominare Boccia, per evitare l’errore di Sangiuliano. Lui è disinteressato, non ha alcun motivo che non sia il riconoscimento delle capacità dimostrate sul piano operativo da Boccia. Per evitare altri pasticci, altre cose che lei potrebbe costruire potrebbe fare un contropiede dicendo: Sangiuliano è scivolato sulla Boccia, io la prendo e non scivolo».Ma anche lei pensa che possa avere carte imbarazzanti?«Lo dicono e può essere. E si è capito che per neutralizzare l’effetto occorre nominarle».Cioè meglio tenerla buona?«Non direi tenerla buona, ma riconoscere che è riuscita in un capolavoro politico. È anche di destra, come ha detto»