Corriere della Sera, 7 settembre 2024
Biografia di Alessandro Giuli, opinionista dandy
Quasi due anni fa aveva sfiorato la nomina, sorpassato in corsa dall’ex direttore del Tg2 che dava alla neopremier maggiori garanzie di andare oltre i recinti della destra dura e pura. Lui, Alessandro Giuli, classe ’75 – l’ultrà romanista che, da ragazzo, oltre a fare a botte allo stadio e coi “compagni” fuori dal liceo Tasso, abbandonò il Fronte della gioventù «pieno di mammolette» per aderire al gruppo estremista Meridiano Zero – non se n’era troppo adontato.Uso obbedir tacendo, consapevole di essere uno dei pochi intellettuali d’area su cui Giorgia Meloni ha sempre potuto contare, fedele alla causa anche negli anni della marginalizzazione di Fratelli d’Italia in Rai, dove ne professava il verbo alla guida di programmi non proprio memorabili, venne subito ricompensato con la presidenza del Maxxi, museo d’arte contemporanea. E ora che Gennaro Sangiuliano si è dimesso, seppellito dalle rivelazioni dell’ex consulente fantasma, è venuto il suo momento: ministro della Cultura. La poltrona cui era destinato sin dal principio e che infine si è preso, grazie – anche – ai buoni uffici di Arianna Meloni (non solo della sorella Giorgia) incontrata in Via della Scrofa proprio nei giorni bollenti del Boccia-gate.Testa caldissima in gioventù, negli anni dell’università non rinnega il neofascismo, ma prova a mettere la testa a posto: studia Filosofia alla Sapienza, fa tutti gli esami e poi però, preso dal sacro fuoco del giornalismo, non discute la tesi e comincia a collaborare con varie redazioni. L’ascesa si consuma alFoglio, dove in meno di tre lustri scala tutti i gradini fino alla condirezione al fianco di Giuliano Ferrara – «Mi assunse dopo un colloquio di tre secondi netti», raccontò lui – dedicandosi nel frattempo alla radio. Esce nel 2017, si dà alla televisione, il grande amore, e da lì spicca il volo. Autore, conduttore e opinionista per Rai, Sky e Mediaset, oltre che editorialista diLibero,diventa presto un volto notoe polemista garbato. Trasfigurato rispetto alle turbolenze dei ‘90.Barbetta più sale che pepe, abiti di sartoria e aria da dandy, apprezzato (persino da Lilli Gruber, che lo invita spesso) per le sue citazioni colte e la pacatezza con cui difende a spada tratta il governo e la sua capa, Giuli ha fama di anticonformista. Di cui molto si compiace, coltivata al punto da incorrere talvolta in qualche brutto incidente di percorso. Come quando, da fresco presidente del Maxxi, decise di inaugurare l’arena estiva del museo con l’indimenticabile duetto fra Morgan e Vittorio Sgarbi a base di monologhi sulla prostata, dissertazioni sessiste e volgarità assortite, che gli costò più di una critica. Oltre a una feroce lettera di protesta delle dipendenti.Appassionato di vini pregiati e collezionista di sigari, di cui è grande cultore, il neoministro della Cultura ha un unico rammarico: la mancata laurea, che dovendo esercitare un così alto magistero è certamente un neo. Nascosto tuttavia sotto una nutrita bibliografia, tutta tesa a costruire il nuovo immaginario sovranista:Gramsci è vivo. Sillabario per un’egemonia contemporanea l’ultima fatica, presentato prima dell’estate nientemeno che da Sabrina Ferilli.Ora sarà lui a dover nominare il suo successore al Maxxi, il toto-candidati è già iniziato: c’è chi dice Sgarbi, chi addirittura (ma appare improbabile) il dg Rai Giampaolo Rossi. Un passaggio che Giuli, assicurano gli amici, gestirà con compostezza e sobrietà, doti viceversa sconosciute al pirotecnico Sangiuliano. Quelle che devono aver convinto Meloni a promuoverlo, dopo illove affaire che ha terremotato il governo.