Corriere della Sera, 7 settembre 2024
Perché l’alleanza tra Pd e 5 Stelle non può funzionare
Caro Aldo,
non capisco molto di politica ma il progetto del campo largo per opporsi alla coalizione di destra che appare, nonostante tutto, compatta, mi mette ottimismo. Le intenzioni sono buone. Lei che cosa prevede?
Marco Dessi, Roma
Caro Marco,
le confesso che non credo al «campo largo», e neanche all’alleanza tra il Pd e i 5 Stelle. Che si metteranno insieme se avranno la sensazione di poter vincere le elezioni politiche; ma poi farebbero molta fatica a governare. I 5 Stelle nascono contro il Pd, con il Vaffa Day organizzato non a caso a Bologna. Nell’ultimo grande comizio della politica italiana, in piazza San Giovanni a Roma, Beppe Grillo indicò il vero avversario in Bersani, non a caso vessato poche settimane dopo in streaming da Crimi e da Roberta Lombardi, insomma non da Churchill e da Margaret Thatcher. Il Pd era il «partito di Bibbiano». Poi i 5 Stelle con il Pd hanno fatto un governo, per evitare le elezioni anticipate e i «pieni poteri» per Salvini. E in effetti c’è una parte del Pd, capeggiata da Goffredo Bettini, che considera l’alleanza con i 5 Stelle strategica, anche nell’ottica di riassorbirne la parte progressista: un po’ come ha fatto il partito socialista spagnolo con Podemos. Il punto è che i 5 Stelle legittimamente non hanno molta voglia di essere riassorbiti. E se vogliono avere un futuro non possono legarsi in modo organico al Pd. Non solo perché perderebbero i voti di destra, che pure in passato hanno raccolto, ad esempio nei ballottaggi di Roma (Virginia Raggi) e Torino (Chiara Appendino). La forza dei 5 Stelle è di essere anti-sistema. E il Pd, almeno come l’abbiamo conosciuto finora, è il partito di sistema per eccellenza: non solo Europa e Stati Uniti, ma anche mercati e burocrazie. Certo, Bersani in quel famoso streaming propose un «governo di cambiamento». E, ovviamente nel contesto dell’ancoraggio europeo e atlantico, di cambiamento l’Italia avrebbe davvero bisogno: rinnovamento della classe dirigente, più investimenti in cultura, sanità, scuola, più opportunità per i giovani, e anche più risposte alla crisi demografica e al cambio climatico. Ma chi oggi vuole davvero un cambiamento del genere, ed è attrezzato per realizzarlo?