Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  settembre 07 Sabato calendario

«Uccidete chi si arrende». L’ordine ai russi nel Donbass

«Abbatteteli caz… Azzerateli». 
«Ricevuto, passo». 
«Quando li avete azzerati, fate rapporto».
È la trascrizione di una comunicazione radio tra le forze speciali russe che avanzano in Donbass e il loro comando. L’ordine è di non fare prigionieri. In un video ottenuto dalla Cnn si assiste a una scena analoga registrata da un drone. Tre soldati ucraini sono in ginocchio, affiancati su un sentiero, con le mani dietro la nuca. Si sono arresi, non possono più fare danno. La geolocalizzazione indica la zona di Pokrovsk, porta d’accesso per l’intera provincia di Donetsk. Pochi secondi dopo il drone li inquadra cadere scomposti. Nuvolette di polvere attorno indicano che qualcuno gli ha sparato. È una violazione flagrante delle Convenzioni di Ginevra, ma ce ne sono così tante nel mondo in questi mesi che persino l’indignazione sa di stantio.
Secondo video tra quelli emersi solo ieri dal mare dell’orrore. È sempre un drone a riprendere. Questa volta inquadra un panorama di rovine fumanti. A perdita d’occhio solo mozziconi di condomini, muri senza casa, case senza tetti e poi un campo di calcio a 7, come a ricordare che lì, una volta, c’era vita. Il terreno sintetico conserva ancora un bel color verde. Basterebbe poco per ripulirlo e ricominciare a giocare. Nessuno lo farà, per ora. 
La cittadina che sembra Bakhmut, Gaza, Grozny, Aleppo si chiama Vovchansk ed è nella regione di Kharkiv a nord del Donbass dove gli ucraini sono riusciti a fermare l’offensiva russa di maggio. Ce l’hanno fatta, ma di Vovchansk resta solo un campo di calcio in sintetico.
Nel suo ennesimo tour di richiesta aiuti, il presidente Zelensky ha solo l’imbarazzo della scelta sulle immagini da mostrare. Se cedesse Vovchansk dove si combatte tra le rovine anche la seconda città dell’Ucraina, Kharkiv, sarebbe in pericolo. Se cedesse Pokrovsk, dove i russi «azzerano» i prigionieri di guerra, il sogno di Putin di riconquistare l’antica provincia zarista di Nova Rossia sarebbe realizzato.
Il capo di stato maggiore ucraino, Oleksandr Syrskyi, sostiene che l’avventura dei suoi uomini in territorio russo (precisamente a Kursk) ha funzionato. Non solo per ridurre la pressione sul Donbass, ma anche perché «abbiamo prevenuto la minaccia di un’offensiva nemica». È la prima volta che Kiev dà una spiegazione del genere.
Intanto però, i russi allungano il tiro verso le retrovie ucraine. Ieri è finita sotto il fuoco Pavlograd, ex città segreta dell’Urss, sede di un’importante base missilistica sovietica. Un ordigno ha danneggiato un palazzo, ucciso un uomo e ferito altre 61 persone. Kiev sostiene sia stato usato un potente missile Iskander, i blogger russi negano, propendono per droni o bombe plananti. L’armata putiniana ha sempre fatto così: rullo compressore d’artiglieria vicino al fronte, attacchi mirati nelle retrovie. Distruggono tutto quel che hanno davanti prima di mandare la fanteria a occupare il terreno e nel frattempo rendono la vita difficile alle rotazioni e agli approvvigionamenti con colpi più o meno mirati nella seconda, terza e quarta linea. Pavlograd non era ancora stata quasi toccata dalla guerra. Ora che è diventata il punto di partenza per i rifornimenti (e le evacuazioni) via ferrovia, ecco che entra tra gli obbiettivi di Mosca. Zelensky ha un piano per la vittoria. Putin vuole vincere. Nel frattempo, però, la gente muore.