il Fatto Quotidiano, 6 settembre 2024
Il Friuli ora ricorda la prima repubblica partigiana di Carnia
La prima forma di governo che in Italia diede il voto alle donne e abolì la pena di morte nacque tra la primavera e l’autunno del 1944 nell’estremo lembo nord-est dell’Italia: fu la Zona libera della Carnia e dell’Alto Friuli, una repubblica partigiana che tentò un esperimento di governo democratico dopo 20 anni di fascismo. Sono passati giusto 80 anni e in Carnia, tra Ampezzo e Tolmezzo, l’anniversario verrà ricordato nei prossimi giorni con “Impronte di libertà”, incontri, dibattiti e perfino escursioni sui monti con panorami mozzafiato dove i partigiani respinsero i nazifascisti e provarono a istituire una zona di libertà. Nella primavera del 1944 la Resistenza in Carnia aveva nove brigate con oltre 6 mila uomini. Prendono il controllo di una vasta area montana e costringono tedeschi e fascisti a rinchiudersi a Tolmezzo e nei centri più grossi a valle. Nasce così la più grande Zona Libera della storia partigiana d’Italia, oltre 2.500 chilometri quadrati, 40 Comuni, quasi 90 mila abitanti. Come capitale, viene scelta Ampezzo. Ha due livelli di “governo”: quello politico e militare, affidato al Cln locale, formato dai rappresentanti dei partiti antifascisti; e quello amministrativo delle “Giunte comunali popolari”, scelte con libere elezioni in ogni paese tra l’agosto e il settembre del ’44. Hanno il compito di gestire la vita quotidiana dei paesi, l’amministrazione, l’approvvigionamento alimentare, la gestione dei beni collettivi (soprattutto i boschi).
Ci sono già duri scontri che prefigurano la Guerra fredda: i partigiani comunisti sognano la Comune di Parigi e vorrebbero realizzare in Carnia la repubblica socialista e proletaria; i democristiani e gli altri vogliono costruire la democrazia liberale. Comunque, nei 69 giorni della Libera Repubblica di Carnia si sperimenta la democrazia. Il 26 settembre ’44 ad Ampezzo viene formata la “Giunta di governo” composta dai partiti antifascisti e dai rappresentanti delle “organizzazioni di massa”: i Gruppi di difesa della donna, il Fronte della gioventù, i Comitati dei contadini, il Comitato promotore della Camera del Lavoro. Organizzazioni di fatto promosse dai comunisti, il cui peso preoccupa i non comunisti, che temono l’egemonia “rossa” sulla Repubblica partigiana.
La Giunta della Repubblica di Carnia si comporta come un vero governo autonomo, in territorio del Terzo Reich: vara misure per la giustizia, l’istruzione, le finanze, la sanità, la polizia, i rifornimenti, i lavori pubblici, il patrimonio boschivo. Nella scuola sono banditi i libri di testo del regime fascista (“Libro e moschetto fascista perfetto”). Non ci sono testi alternativi, si consiglia allora di utilizzare in classe altri materiali, per esempio il libro Cuore di Edmondo De Amicis. Varata una riforma fiscale semplice e rivoluzionaria: abolite tutte le tasse preesistenti, viene introdotta un’imposta progressiva sui patrimoni: dal 2% per i patrimoni di 200 mila lire, fino all’8% per quelli di un milione. I boschi, una delle poche risorse della Carnia, sono protetti con la proibizione di ogni taglio che non sia quello indispensabile per procurarsi la legna da ardere. L’esperimento di democrazia s’interrompe dopo 69 giorni, l’8 ottobre 1944. L’Alto Comando germanico ritiene intollerabile che in un territorio del Reich – perché il Friuli era stato annesso alla Germania, non faceva parte della Repubblica di Salò – esistesse un governo autonomo. Scatena una durissima offensiva militare con truppe dell’esercito tedesco e della Milizia fascista. E manda in Carnia i Cosacchi a cui Hitler ha promesso una terra, il Kosakenland.
L’Operazione Waldlaüfer (“Corriere del bosco”) è un gigantesco rastrellamento che mette fine alla Zona Libera della Carnia. Cadono oltre 300 partigiani, i tedeschi riprendono possesso di questa marca di confine del Reich, i Cosacchi s’insediano in Carnia-Kosakenland come truppe d’occupazione. Fino al 25 aprile 1945.