La Stampa, 6 settembre 2024
Armi a Kiev, gelo del Pd su Guerini
L’uso delle armi italiane sul territorio russo resta un tabù per il Pd, la «riflessione» proposta da Lorenzo Guerini ieri su La Stampa non trova orecchie disponibili nella maggior parte del partito e di fatto nessuno sembra voler rimettere in discussione quel precario punto di equilibrio fissato dalla segretaria Elly Schlein. L’idea di dire sì all’utilizzo delle forniture anche su territorio russo non viene commentata dal vertice democratico, nessuna scomunica per Guerini ma nemmeno aperture a rivedere la posizione. Un esponente della segreteria è netto: «La linea è quella che ha fissato la segretaria, le posizioni di Lorenzo le rispettiamo, nel Pd c’è sempre occasione di confronto, ma la linea mi pare definita…». E la linea è: ok all’invio di armi, ma no all’uso in territorio russo. Come ha detto Schlein al rientro dalle vacanze «sosteniamo un Paese invaso, attenzione però a non fare atti che possono portare direttamente la Ue in conflitto con la Russia».Del resto tenere insieme l’anima “atlantista”, rappresentata oltre che da Guerini da figure come Pina Picierno e Lia Quartapelle, con quella “pacifista” è un compito difficile e richiede un costante lavoro di calibratura delle prese di posizione. Quello che Elly Schlein è riuscita fin qui a fare riducendo al minimo gli smarcamenti ed evitando che sfociassero in scontri aperti. Il fatto è che Guerini non è l’unico a pensare che bisognerebbe lasciare mano libera a Kiev, Giorgio Gori sui social network pochi giorni fa spiegava esplicitamente il timore che serpeggia tra gli “atlantisti": «Vorrei che il Pd, il mio partito, non venisse meno alla linea di pieno sostegno a Kiev, meritoriamente tenuta finora». Insomma, la preoccupazione che quel no all’uso delle armi in territorio russo possa preludere a un cambio di linea. Filippo Sensi trova «doverose le posizioni di Guerini», ma sposta l’attenzione su Giorgia Meloni: «Non vorrei che il governo recedesse sul sostegno all’Ucraina». Quanto al Pd, «non farà passi indietro: è e resterà per il sostegno all’Ucraina».Sandro Ruotolo, europarlamentare e membro della segreteria, è netto: «Massimo sostegno all’Ucraina, ma no all’uso delle armi in territorio russo. Non vedo perché dovremmo cambiare posizione, la de-escalation è fondamentale e l’ok a colpire basi in Russia trasformerebbe una guerra di difesa in guerra preventiva. L’Europa deve lavorare a un progetto di pace, non creare un’economia di guerra».Anche Laura Boldrini non ha dubbi: «Rispetto le posizioni di Guerini, ma non sono le mie e non mi risulta siano quelle della segreteria del Pd». Togliere i limiti all’uso delle armi porterebbe a una «ulteriore escalation del conflitto» e trasformerebbe «l’azione europea da sostegno alla difesa ucraina ad attacco alla Russia. Bisogna invece lavorare con determinazione ad una soluzione di pace». Giudizi simili a quelli di Arturo Scotto: «Il ruolo dell’Europa dovrebbe essere quello di favorire una de-escalation anziché allargare la sfera del conflitto». Togliere i limiti all’uso delle armi «non favorirà un riequilibrio delle forze in campo. Ma soltanto una cronicizzazione della guerra».Per Marco Tarquinio, poi, riaprire questa discussione sarebbe «un passo indietro». L’europarlamentare – che è anche contrario all’invio delle armi come pure Boldrini e Scotto – apprezza invece che il Pd sia stato «l’unica forza politica italiana che ha preso posizione al Parlamento europeo contro utilizzo di armi occidentali sul territorio russo. Dobbiamo fare altri passi avanti in questa direzione, non camminare con la testa rivolta all’indietro». E Paolo Ciani aggiunge: «Discutere? Sono sempre d’accordo sul discutere, è democrazia, il segno di un partito che non ha paura a confrontarsi. Ma sono felice che l’attuale dirigenza su questo ha preso una posizione diversa rispetto al “si può fare tutto”. La “contro-invasione” ucraina della Russia è un’ulteriore escalation del conflitto e quindi il contrario di quello che secondo me si deve fare».