la Repubblica, 6 settembre 2024
Pompei contro Garbatella
Tutti hanno cercato il reato, i soldi pubblici, il peculato, ma un ministro della Cultura che ha tentato di nominare consulente del Ministero la propria amante si è già dimesso dalla Cultura. «Poveraccio» scrive ai giornalisti l’ex amante, Maria Rosaria Boccia, che ha alzato il cannone e, con uno scatto di orgoglio coatto – Pompei contro la Garbatella – come l’eroina antiborbonica Peppa la Cannonera, ha puntato direttamente “i palazzi del potere”.E dunque ora spara forte contro di lei, contro Giorgia, che l’ha chiamata «quella signora là» e «ha pure spinto il ministro alle dimissioni per poi respingerle».Non c’è nulla di più orrendamente maschilista di una lite tra donne che si tirano i capelli, e sono mille gli esempi letterari, da Goldoni a Martoglio, alle sceneggiate napoletane, qui con una piccola variazione di genere: isso, essa e “a” malamente. Quando, però, al culmine della pochade scollacciata, in tv ha esibito un velo di commozione spietatamente vero dentro un giornalismo spietatamente patacca, “esclusiva Tg1”, Sangiuliano si è dimesso anche dalla decenza.E la Boccia su questo punto ha ragione: Sangiuliano è nelle mani di Giorgia Meloni, è il pupo di Martoglio con la prossemica da pupo: “Vidìti quantu po’ ‘n pilu di fimmina!”. Ed è pure dimagrito come Rinaldo che, quando combatteva, durava di più «perché faceva meno sforzo e non sudava». Una volta, qualche anno fa, incontrai l’allora portavoce di Berlusconi, il simpatico Paolo Bonaiuti. Lo trovai dimagrito, proprio come ora è Sangiuliano, e gli dissi: «Si dimagrisce o per amore o per malattia». E lui: «Sono la stessa cosa, amico mio».Davvero «poveraccio», nelle mani esperte e meloniane di Gian Marco Chiocci, direttore del Tg1, Sangiuliano sembrava la parodia del vecchio indimenticabile Ciao Pussycat, una gran storia di baci e tette giganti dentro una confessione del primo, esordiente Woody Allen: «Odiavo tutti e tutti mi odiavano».E forse Elly Schlein potrebbe ora considerare il ministro Sangiuliano come una testa di turco nel governo avversario. Voglio dire che le opposizioni, approfittando di questo orgoglio coatto di Giorgia, dovrebbero battersi per non far dimettere il ministro che la pochade scollacciata non ha reso solo irrilevante: lo ha reso impresentabile.Dunque, la campagna per le sue dimissioni è ormai senza senso politico. Immaginatelo nella battaglia sulla nuova egemonia culturale, il rilancio del futurismo, la riscoperta di Prezzolini, la rilettura a destra di Gramsci, i campi Hobbit, il Signore degli Anelli. Neppure Pino Insegno lo prenderebbe più sul serio. E chi oggi accetterebbe un incarico da Sangiuliano, una consulenza “pro bono”?È il trionfo di Maria Rosaria Boccia, che da un lato manda ai giornalisti persino gli audio con le baruffe tra il ministro e la moglie e trasforma Sangiuliano in un format, in un reality pop-trash, e dall’altro produce una mitragliata di interviste, le ultime due alla Stampa e aIn onda. E si sfoga con una prosa in politichese da comunicato stampa, tutta da interpretare, forse ispirata, forse consigliata, chissà: «Ho inizialmente mantenuto il silenzio stampa per rispetto delle istituzioni. E oggi vengo accusata di essere una ricattatrice, ma in realtà non sono io ad aver creato il ricatto. Sono coloro che occupano i palazzi del potere ad esercitarlo». E poi, un po’ oscura e forse minacciosa: «Ci sono alcune persone che ricattano il ministro per delle agevolazioni che hanno avuto».La signora scrive e parla come una figura pubblica, come un sottosegretario, ma denunzia «la strategia cinica» di Giorgia Meloni «volta a tenere in ostaggio la cultura italiana in un momento di visibilità internazionale». E si sente nella sua fenomenologia un’eco pompeiana di Monica Lewinsky che, quando io intervistai a Los Angeles, mi mostrò due cose che mi stupirono: una copia anastatica della prima edizione delle opere di Dickens e il famoso vestito macchiato dal presidente Clinton.«È gossip», ha sentenziato la Meloni. E la Boccia replica con puntiglio: «Chi ha davvero fatto gossip: io, lui, o l’altra persona?». Di sicuro, in questo fotoromanzo sono mancati proprio i giornali specializzati, con il loro normale pettegolezzo popolare di sano e volgare paparazzismo. Che altro dire se non che hanno dimostrato così la loro malcelata funzione politica? Ma il dio del gossip, che tiene il suo angelo nascosto sotto il tavolo dell’Italia, ha dovuto rimettere le cose a posto scatenando la fantasia diDagospia— ‘o ministro ‘nnamurato, il bombolo e la bambola di Pompei, di-mission impossible, sic transit gloria immundi – e di Carmelo Caruso del Foglio: Genny Delon, Genny Rourke e Genny nove secondi e mezzo. Con una sottigliezza, chissà quanto volontaria, di Paolo Mieli ospite aIn Onda: la pompeiana esperta. Scrive la Boccia: «La stampa mi ha definita in molti modi: influencer, accompagnatrice, sartina, “una che si vuole accreditare”, millantatrice, la Anna Delvey della politica italiana, aspirante collaboratrice, consolatrice, badante, un amore culturale». Difficile dire quanto durerà la fama di Maria Rosaria Boccia, che ha scanzonatamente capito, come spiega Benigni nel film di Woody Allen su Roma, che «siamo tutti uguali, i ricchi e famosi e i poveri e sconosciuti, ma è meglio essere ricchi e famosi». Eccola di nuovo: «Non sono io a esercitare ricatti o pressioni; altri hanno sfruttato con mentalità meschina una vicenda umana che sta avendo ripercussioni dolorose su di me. Sto difendendo la mia dignità e il mio modo di essere donna. Sono stata ingannata, ma non permetterò che la mia storia venga strumentalizzata dal cinismo, dall’arroganza e dal capriccio di un potere tirannico». E lui, cosa sarà del ministro? Quando saranno finiti il tiro al piccione e il fuoco amico, invece di ritirarsi sull’impervio Monte Athos, Genny potrebbe, per valorizzare il patrimonio culturale italiano, rifugiarsi nella più aggraziata Cattolica di Stilo, che è anch’essa di origine greco ortodossa.E chissà che, pensando e ripensando alla sua pochade scollacciata, al contrario di Totò non si butti a sinistra.