Corriere della Sera, 6 settembre 2024
In Tunisia ci sono le elezioni e c’è un solo candidato
Un mese fa, in Tunisia c’erano 17 candidati: 14 sono stati eliminati dalla corsa. Quattro giorni fa, ce n’erano ancora tre: uno è finito in galera, l’altro è sul punto di finirci. Alla fine, a un mese dalle elezioni, l’unico vero pretendente alla presidenza sarà il presidente: Kais Saied. Così s’è ridotto il Paese che inventò le Primavere arabe e vinse il Nobel per la Pace. Dopo 6 capi dello Stato, 9 premier e 11 governi, la Rivoluzione dei Gelsomini è una serra inaridita. Devastata dall’inflazione, sull’orlo del fallimento finanziario. A corto di cibo, d’acqua, di turisti, di lavoro. E di democrazia: Saied, l’austero giurista che nessuno vide arrivare, ha deciso di giocare il ruolo del rais assoluto e cancellato il Parlamento e la Consulta, incarcerato l’opposizione e i media, zittito la magistratura e i partiti, riscritto la Costituzione. La sua retorica populista finora ha funzionato: contro quei vampiri del Fondo monetario che lesinano i prestiti, contro quei migranti neri che s’imbarcano per l’Italia e minano l’arabicità della Tunisia, contro le élite corrotte che tramano nell’ombra. Con un voto senza rivali, Saied è saldo: l’appoggiano gli Usa e pure il governo Meloni, suo primo partner commerciale. Alle amministrative d’un anno fa, però, il rais Kais ha fiutato che l’aria è un po’ cambiata: i tunisini, che nel 2019 l’avevano votato in massa, han disertato le urne. Urne vuote, misura piena? L’inchiesta d’un settimanale lo definisce in copertina «L’iperpresidente». Saied ha vietato di venderlo in tutto il Paese: non si sa mai che qualche tunisino ci creda.