Corriere della Sera, 6 settembre 2024
Una piccola lezione su cosa significhi comandare una curva di ultras
«Noi non siamo una democrazia che tutti possono dire quello che vogliono. Non è così, è una falsa democrazia. Noi comandiamo e decidiamo noi...». Così, Andrea Beretta, sintetizza in una piccola lezione di «mentalità» cosa significhi comandare una curva. In questa «falsa democrazia» però secondo gli inquirenti si nasconderebbe molto di più: droga, estorsioni, infiltrazioni mafiose. Tutto su un unico tavolo che mette insieme interisti e milanisti. Perché un solo stadio comporta inevitabilmente business in comune. Poi ci sono i concerti, gli eventi e tutto ciò che ruota intorno al Meazza (e non solo). Per questo il sospetto degli inquirenti che indagano sul delitto Bellocco è che per forza di cose ci sia un’intesa (criminale) tra i vertici delle due curve.
Un tavolo spesso traballante. Ma tutto sommato in equilibrio perché gli affari consentono di trovare sempre un compromesso. Ma due anni fa succede qualcosa che fa cambiare le carte in tavola. E riguarda lo sbarco a Milano di Antonio Bellocco che, si dice, non solo scalza Beretta dal suo ruolo di capo ultrà, ma trova le maggiori simpatie dell’altra sponda, quella rossonera. Anche perché la famiglia Bellocco è una garanzia, e il narcos Luca Lucci (capo dei milanisti) ben conosce la geografia della ’ndrangheta. Così Berro diventa sempre più scomodo, fino al piano di farlo fuori e alla contro uccisione di ’u Nanu. Ma per capire come si sia arrivati fin qui occorre partire da quell’intercettazione e da un’inchiesta del 2019 (pm Lesti, gip Salvini) che la procura aveva da poco avviato per far luce sugli assetti della curva dopo gli incidenti di Inter-Napoli del 2018 che avevano portato alla morte dell’ultrà Dede Belardinelli.
L’inchiesta ricostruisce l’ascesa dello «zio» Boiocchi, tornato sulla Nord dopo 26 anni di galera, e il sempre maggior potere di Berro. In quell’indagine emergono anche pressioni sulla società (molto brusche) di Boiocchi per avere biglietti e agevolazioni. Tutto però finisce archiviato perché, secondo la procura, ci sono scenari suggestivi ma niente di così robusto da sostenere un processo.
Quando Boiocchi viene ucciso – nell’ottobre 2022 – si azzera di nuovo il direttivo della Nord. Beretta finisce quasi naturalmente sulla poltrona più importante. È un momento chiave. Ma il capo ultrà non può andare allo stadio perché daspato e la sorveglianza speciale gli impedisce di venire a Milano. Così si affida a Marco Ferdico, fino a quel momento ai margini della curva, come rappresentante e volto degli ultrà nerazzurri. Ferdico è giovane, ha una condanna per droga, sa usare i social e ha una faccia meno «violenta» rispetto a quella di Beretta. L’uovo di Colombo per chi predica il cambiamento rispetto al passato.
Ferdico però ha anche legami acquisiti con la Calabria, e una grande amicizia con Antonio Bellocco. ‘U Nanu si è trasferito da poco a Pioltello, nell’hinterland di Milano, dopo aver scontato 9 anni per associazione mafiosa. È interista, e lentamente entra sempre più nel giro della Nord. «Nessuno potrà mai capire l’amore che ci legava e che ci riempiva le giornate, nulla sarà mai come prima senza te», il messaggio d’addio che ieri Ferdico ha dedicato all’amico. Ma Bellocco è come un fiume carsico che scava la roccia, che in questo caso non scende ma sale. Sempre più in alto. I social mostrano le tracce di questa scalata. Foto di vacanze con Ferdico e family, foto con i ragazzi della curva, foto con il capo ultrà Beretta. Negli ambienti dell’antimafia si drizzano i capelli. Il rampollo di ’ndrangheta non si nasconde, anzi. Si arriva così alla scalata e allo scontro finale con Beretta. Ma finisce nel peggiore dei modi.
Il solo trono che mai traballa è quello rossonero di Lucci. Anche lui non può andare allo stadio ma ha pretoriani (calabresi) che sorvegliano tutto dagli spalti. Sembra una serie tv. Ma morti e feriti sono veri.