Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  settembre 05 Giovedì calendario

Per un uomo politico pubblico e privato sono indivisibili

L’ultimo (?) risvolto del caso Sangiuliano-Boccia lascia più interdetti delle puntate precedenti. Una lunga e anomala intervista serale al telegiornale della rete ammiraglia, un momento di televisione e di informazione di discutibile gusto. Lo spaesamento non è solo nel modo “mediatico” con cui il titolare della Cultura e la macchina della comunicazione del governo hanno pensato di risolvere il pesante scivolone di fine estate. Si resta francamente perplessi anche di fronte al nuovo elemento che il ministro ha messo in piazza: lui martedì le dimissioni le ha presentate, ma Meloni le ha respinte. Una scelta, quella della premier, difficile da spiegare. Le ipotesi possono essere varie. Quel “senso di gruppo” che caratterizza l’esperienza di governo di FdI? L’idea perenne di doversi difendere da forze esterne, anche se in questa circostanza il ministro ha fatto tutto da solo? L’idea che le dimissioni fossero anche un giudizio morale su una persona vicina? Qualsiasi sia il motivo che ha dettato la decisione di Meloni, il principio che è stato sacrificato è più importante: il principio iscritto nella Costituzione per cui «i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore». E proprio perché è vero che tanti prima di Sangiuliano – di sinistra, di centro e di destra – sono caduti negli stessi errori, la premier aveva l’occasione, ma l’ha sprecata, di ribadire il senso dell’articolo 54 della Carta. E di provare a ristabilire il sentiero della serietà in una politica sempre più delegittimata dalle gesta dei suoi protagonisti. Resta invece in campo una linea discutibile. È quel dire ai cittadini, sintetizzando: se i comportamenti sono sbagliati, ma non finiscono in un fascicolo di una procura, non ci sono conseguenze. Una comoda, utile e strumentale dissociazione tra privato e pubblico. L’applicazione in politica del principio relativistico, che pure questo governo combatte con molti validi argomenti. Inevitabile venga alla mente la fotografia che proprio la politica è solita evocare nei rari momenti in cui si batte il petto: quella di Aldo Moro in spiaggia in giacca a cravatta, esempio di quella indivisibilità tra pubblico e privato nelle persone che ricoprono incarichi istituzionali. Ma si sa: una cosa è indicare un modello, altro è metterlo in pratica