il Fatto Quotidiano, 5 settembre 2024
Elly Schlein non sa parlare. È solo il rebranding parolaio di un partito in bancarotta
Elly Schlein, che è giovane, moderna, cosmopolita, sveglia, fresca e attenta all’armocromia (la scienza di abbinare i vestiti alla carnagione), non sa parlare. O meglio: sa parlare benissimo ai suoi pari, ai vecchi del suo partito con Isee da alta borghesia residenziale, ai coetanei laureati al Dams con master a Boston, alle decorose signore aristodem che vanno alla Festa della cosiddetta Unità ad applaudire persino uno come Renzi, perché bisogna fermare la Meloni e i suoi ministri fascistoni e chi meglio di un senatore prezzolato da un dittatore saudita per onorare i partigiani; Schlein, però, non sa parlare alla gente normale, cioè al 90% dei suoi potenziali elettori, che per una che fa il suo lavoro – la segretaria di un partito popolare di asserita sinistra – rappresenta decisamente un problema.
Uno degli slogan della sua campagna elettorale è stato “Estate militante”: a fine estate, è legittimo chiedersi per cosa abbia militato. Apprendiamo da una cervellotica intervista a Repubblica che la priorità della comandante Schlein è “la questione sociale”; interpellata sul merito, imbastisce due rispostine di compostezza frigorifera: l’indicizzazione delle pensioni e opzione donna, cose da addetti ai lavori, che bisogna googlare. Quando parla dell’assegno unico (per i figli), che Meloni vuole stravolgere, dice: “Ha semplificato la frammentazione dei sussidi precedenti”, e pure chi ha letto Heidegger fatica a capire se pensa che sia una cosa giusta o no. Dice: “Sarebbe sbagliato minarne la dimensione universalistica”. Eh? Ma non può dire “bisogna darlo a tutti”, posto che darlo a tutti è una misura di destra, visto che due genitori medici che vivono sul lago di Como ne hanno meno bisogno, e dunque meno diritto, di due disoccupati di Scampia? Del resto il Pd votò contro il Reddito di cittadinanza, salvo poi fingere di rimpiangerlo.
Le ambiguità della Schlein si riflettono sul suo linguaggio, ma (e perché) sono anzitutto ambiguità politiche. Dal sito del Pd risulta che “l’estate militante” constava delle seguenti battaglie: contro l’Autonomia differenziata, accidentalmente voluta dal Pd (è stato il centrosinistra, con la riforma del Titolo V del 2001, ad aprire la strada all’obbrobrio di una legge ordinaria che modifica una materia costituzionale) e richiesta anche dalla Regione di cui lei era vicepresidente; per il salario minimo, battaglia del M5S a cui il Pd era contrario o capziosamente ostile, salvo poi farla propria vista la malaparata; per portare la spesa sanitaria al 7,5% del Pil. Peccato che il suo partito abbia perpetrato o assistito con connivenza, tra il 2010 e il 2019, al più grande crimine contro il Sistema sanitario nazionale, a cui tra tagli e definanziamenti sono stati sottratti 37 miliardi di euro. Solo nel 2019, governo Conte-2, il ministro Speranza contò di investire sulla Sanità 10 miliardi, sopra al 7% del Pil; poi scoppiò la pandemia, e i sindaci del Pd Gori e Sala assieme a Nicola Zingaretti stavano con i Confindustriali di “Milano non si ferma”. E sapete qual è stato il governo che, d’accordo con le Regioni, ha danneggiato di più il Ssn col truffaldino “Patto per la Salute”, tagliando 16,6 miliardi promessi e mai erogati e rendendo a pagamento 208 esami diagnostici prima gratuiti? Il governo Renzi, e non uno del Pd si dissociò dalla criminale operazione.
Schlein è bravissima a produrre slogan croccanti sui diritti civili (“Il punto non è cambiare lo sguardo sulle donne, ma integrare lo sguardo delle donne”), ma non dice nulla sul fatto che il ministro dell’Economia Giorgetti ha firmato un Patto di Stabilità che ci spingerà alla recessione incaprettandoci con tagli per 12,5 milioni l’anno fino al 2031, soldi che non verranno sottratti agli armamenti (ci siamo impegnati con la Nato per l’aumento al 2% del Pil per le armi, 13 miliardi l’anno: Schlein ha pigolato qualche remora, subito redarguita dai maschi del partito), ma alla Sanità pubblica e al welfare.
Sulla guerra in Ucraina Schlein alterna vuotezza ad ambiguità. “Non critico il governo sulla prudenza per l’uso delle nostre armi in Russia”, ha detto, dal che par di capire che non vuole siano usate le nostre armi fuori dall’Ucraina, ma “l’Ucraina va sostenuta nella sua autodifesa”: fino a quando? E ancora: “Dal Pd pieno supporto all’Ucraina, ma nessuna delega in bianco al governo”. È il suo stile: un colpo al cerchio, uno alla botte; una parolina ai pacifisti per tenerli buoni, un cenno d’intesa coi falchi del suo partito. Il 63% degli italiani è contrario all’invio di armi: devono sperare in Salvini per fermare la guerra?
Schlein dovrebbe spiegare come fa a portare avanti una battaglia per la Sanità quando accetta che la prima voce nella Finanziaria sia quella per gli armamenti; quando, esattamente come Meloni, intende continuare a foraggiare di armi un Paese non democratico, il cui esercito è infarcito di nazisti e che non fa parte della Ue né della Nato, per perpetuare la guerra alla Russia che sta depauperando l’Europa e arricchendo la Russia e gli Usa. La guerra a Gaza è un affare più grande di lei, che si trova più a suo agio a parlare di Ius soli o Ius scholae; non è un caso che alla festa dell’Unità, che dura 20 giorni, non si parli nemmeno per sbaglio del genocidio di palestinesi a Gaza da parte del governo israeliano.
Sulla coesistenza di Conte e Renzi nel farlocco “campo largo”, il politichese di Schlein ricalca quello dei più vecchi e corrotti (in senso spirituale) del suo partito: “Le alleanze non si fanno da nome a nome, ma da tema a tema. Dobbiamo fare fronte unito per le nostre battaglie: sanità, lavoro povero, scuola…”. E queste battaglie le porta avanti con uno che ha depauperato la Sanità, distrutto lo Statuto dei Lavoratori (col Jobs Act, la patacca che ci è costata 20 miliardi), rovinato la Scuola (con la Buona Scuola, grazie alla quale i ragazzini ancora lavorano gratis nell’alternanza scuola-lavoro), ovvio.
Immaginate Berlinguer dire una cosa come: “Non è più il tempo di essere respingenti verso le energie più fresche attraverso meccanismi di cooptazioni correntizie”. Ma a chi parla? (Epica Lilli Gruber a Otto e mezzo: “A proposito di immigrazione lei ha detto, parlando di Lampedusa: ‘è la dimostrazione del fallimento delle politiche delle esternalizzazione del governo’. Ma chi la capisce se parla così?”).
Il punto è politico: il Pd ha perso il voto di operai, insegnanti, studenti, precari, pacifisti, poveri e disoccupati a causa di Jobs Act, Buona Scuola, guerra al Rdc, “armi, armi, armi” e altre misure di destra varate con la scusa di non lasciarle alla destra. Schlein è solo il rebranding parolaio di un partito in bancarotta.