il Fatto Quotidiano, 5 settembre 2024
Gestione Sangiuliano, al MiC è l’ora delle faide: in ballo ben 130 nomine
Gennaro Sangiuliano ha commesso errori gravi, pubblicamente, da maggio, portando Maria Rosaria Boccia ovunque con sé, presentandola come consulente e collaboratrice senza alcun incarico formale. Eppure il caso è esploso solo il 26 agosto, a poco più di 20 giorni dal G7 su cui il ministro (e la “non consulente”) lavoravano da mesi. Pesante imbarazzo per il governo, anche internazionale, e anche per il Parco archeologico di Pompei.
Un tempismo che crea il massimo caos possibile, e certo funzionale anche a tutta quella parte di ministero e di politica che non ne poteva più della gestione Sangiuliano, soprattutto per quanto riguarda le nomine dirigenziali. Insomma, perché la email del direttore di Pompei datata 3 luglio è arrivata alla stampa il 29 agosto, due mesi prima della nomina di oltre 100 dirigenti? Il tema tiene banco nei corridoi del ministero diretto da Gennaro Sangiuliano.
Premessa. Sicuramente lo strappo tra Sangiuliano e Boccia va datato alla metà di agosto: il 15 agosto, Boccia è ancora sorridente al ministero, in occasione di una riunione, il 16 agosto viene rimossa dalle chat di lavoro, come da lei stessa rivendicato sui suoi social (era stata inserita il 3 luglio), il 23 agosto è al Meeting di Rimini con il ministro, ma nessuna foto insieme. E il 26 agosto scatta il “nomina gate”, con Dagospia che svela la storia e Boccia che ringrazia il ministro sui social per quella nomina a consigliere per i grandi eventi mai arrivata, e che si apprenderà poi “stracciata”. Ma che il tempismo e i modi dello scandalo siano a dir poco perfetti per un regolamento di conti interno al MiC, e che una parte del ministero stia tifando dimissioni, è pure certo. Le riunioni organizzative del G7 e i sopralluoghi con Boccia presente sono di inizio giugno, ma la fuoriuscita di una email specifica, firmata dal direttore di Pompei – figura marginale in questa storia, ma a cui Sangiuliano, anche nei colloqui con Meloni, ha addossato la responsabilità dell’errore nella condivisione dei dati – a 20 giorni dal G7, fanno più rumore e male nei corridoi del Collegio Romano. A chi possa fare comodo l’uscita di quella email è intuibile.
Dopo la riforma del ministero della Cultura fortemente voluta dal gabinetto di Sangiuliano, che ha ristrutturato la macchina dirigenziale con 4 nuovi capi dipartimento, da ottobre vanno rinominati tutti i dirigenti, con nomina fiduciaria: direttori generali, direttori dei musei autonomi (tranne i più grandi, che andranno a scadenza e nuovo bando). Circa 130 dirigenti che Sangiuliano si preparava a nominare da qui alla fine dell’anno. Chi diventa ministro prende “tutto il cucuzzaro” e con la volontà di sbarazzarsi di buona parte della dirigenza precedente il ministro di nemici negli uffici se ne è fatti, anche a livello apicale. E poi a dicembre scade il mandato da direttore di Pompei di Gabriel Zuchtriegel stesso.
La fila dei pretendenti alla successione è lunga, sia a Roma sia a Pompei, e attraversa tutto l’arco politico che la coppia Franceschini-Nastasi per otto lunghi anni ha portato a guidare il fu ministero dei Beni culturali. Le manovre iniziano, pubbliche e non, tanto che anche Matteo Renzi martedì sera, ospite a Cartabianca su Rete 4, ha calcato sulla presunta inadeguatezza dell’attuale direzione di Pompei, paragonandola con quella precedente: “Sangiuliano non ha neppure promosso Massimo Osanna”, cioè l’ex direttore di Pompei. Il piatto è ricco, anche per questo Meloni vuole fare di tutto per evitare le dimissioni. E c’è da credere che lotterà per mantenere il MiC in quota FdI, respingendo i colpi dell’altra lotta intestina al ministero, cioè quella che vorrebbe la Lega alla guida del dicastero con Lucia Borgonzoni. Ma che sembra, per ora, non avere chance.