La Stampa, 5 settembre 2024
Lorenzo Guerini, l’uomo di Washington nel Pd, dice che l’Ucraina ha il diritto di colpire la Russia
All’indomani dell’ennesima strage con 51 morti, nel giorno in cui, dopo altri cinque ministri, anche il responsabile degli Esteri Dmytro Kuleba si dimette dal governo Zelensky, «un rimpasto il cui significato sarà più chiaro nelle prossime ore», l’ex ministro dem della Difesa Lorenzo Guerini, oggi presidente del Copasir, ragiona sull’uso delle armi italiane donate all’Ucraina. E arriva a una conclusione diversa dal governo e dal suo stesso partito: bisognerebbe permettere a Kiev di usarle anche in territorio russo.Per il momento, il caveat imposto dall’Italia è che le nostre armi non possono essere usate in Russia. Lo trova sbagliato?«Mantenere questa limitazione significa non consentire all’Ucraina di difendere il suo popolo e le sue città, sotto costante attacco di missili che i russi inviano dal sicuro delle postazioni nel loro territorio. Per questo spero che il nostro Paese possa rivedere la sua posizione».La sua segretaria, Elly Schlein, si è detta però d’accordo col governo: il rischio, ha dichiarato, è portare l’Europa in guerra con Mosca.«Dubbi e preoccupazioni sono più che legittimi. Ma non vedo, al momento, lo spazio per un costruttivo confronto diplomatico, anche perché la Russia non lo vuole: quando si aprirà, spero al più presto, magari a ridosso delle elezioni americane, sarà importante la situazione raggiunta sul campo. È necessario aiutare gli ucraini in una difesa più efficace possibile, perché possano poi trattare una pace giusta, non solo a livello di territori, ma anche di danni di guerra e sovranità e sicurezza futura».La sua posizione appare piuttosto isolata anche all’opposizione.«Eppure non penso di essere eccentrico nel rappresentare questo punto di vista: mi pare sia quello di Scholz in Germania, Starmer in Inghilterra, Glucksmann in Francia».Insisto: non teme anche lei che l’uso di armi in Russia apra la strada a una escalation?«L’escalation sono i bombardamenti russi sulle città ucraine. Trovo la discussione sulle armi difensive abbastanza ipocrita: l’Ucraina è un Paese invaso e sta facendo evidentemente un uso difensivo delle armi. Se i russi attaccano da postazioni a pochi chilometri dal confine, è chiaro che rispondere per neutralizzare quelle basi significa difendersi».Crede che il no dell’Italia sia legato anche al timore di scontentare l’opinione pubblica?«Non voglio assumere una posizione polemica, e capisco che dopo due anni e mezzo di guerra ci sia molta preoccupazione. Ma dinanzi alla brutalità russa credo che quel caveat, che aveva ragioni mesi fa, possa meritare di essere riconsiderato».La linea del Pd è un’altra: ne discuterete?«Il Pd ha sempre sostenuto con nettezza la lotta della resistenza ucraina, votando sempre a favore degli aiuti, questa è la cosa importante. E continueremo a farlo. Ora io sollevo un punto di riflessione sapendo che ci sono nel partito sensibilità diverse: certamente ci saranno occasioni di confronto».Come sta gestendo questo dossier il governo italiano?«Il ruolo istituzionale da presidente del Copasir mi obbliga a limitarmi all’auspicio che il sostegno all’Ucraina sia il più robusto possibile, anche riflettendo sul tema dell’uso delle armi che doniamo a Kiev».Come le sembra si stia muovendo l’Europa sui conflitti in corso?«Finora i Paesi della Ue hanno fatto scelte impegnative sull’Ucraina, dagli aiuti militari all’autonomia energetica dalla Russia, alle sanzioni: quando ci sarà uno spazio per un’iniziativa diplomatica, credo che l’Europa dovrà essere in campo con impegno e determinazione, per sostenere le ragioni non di una pace qualsiasi ma di una pace giusta».E sulla guerra in Medio Oriente?«Dovrebbe mettere più forza in un’iniziativa diplomatica che condanni e contrasti Hamas, il nemico della pace, ma sostenga nel contempo il tentativo Usa di arrivarci, richiamando Netanyahu a non continuare ad essere un ostacolo nel raggiungerla».La segretaria Schlein nei giorni scorsi ha ribadito la richiesta di procedere in Parlamento con il riconoscimento della Palestina: è d’accordo?«Io credo che la Ue debba riconoscere lo stato palestinese e l’Italia dentro la Ue. Non è una soluzione al conflitto, ma dentro la prospettiva dei due popoli e due Stati è un passo essenziale».Schlein sta cercando di costruire un’alleanza larga tra le opposizioni, ma proprio sulla politica estera, in particolare sulle armi all’Ucraina, c’è una distanza siderale tra Pd e M5S: è superabile?«Sostengo con convinzione l’iniziativa della segretaria di lavorare alla costruzione di un’alleanza larga alternativa alla destra. Essendo tra forze diverse, è comprensibile che ci siano posizioni diverse. Come ho detto in una Direzione del partito, il difficile viene ora: dovremo confrontarci su argomenti su cui le posizioni sono distanti, ma questo è il compito della politica».Da ex renziano, pensa che Matteo Renzi debba far parte di questo campo largo?«Penso che si debba lavorare a un’alleanza larga che guardi al futuro, animata da responsabilità, coerenza e lealtà di tutti quelli che vogliono farne parte. Senza veti ma con chiarezza».Voi riformisti del Pd siete un aiuto o un ostacolo a questo ritorno verso il centrosinistra di Renzi?«Noi siamo nel Pd e lavoriamo in coerenza con il tentativo di Schlein di costruire un’alternativa vincente alla destra. Il tema non siamo noi, ma la volontà e la generosità di tutte forze politiche che vogliano far parte di questo campo per provare a sfidare la destra alle prossime elezioni».