la Repubblica, 5 settembre 2024
Slow horses 4, la serie perfetta che non molli più
La segreteria telefonica di Jackson Lamb. Se non ti rispondo è perché non voglio parlarti». Massima consolazione per i tempi, televisivi e no, è iniziata su Apple Tv+ la quarta stagione di Slow horses. Inutile spendere altri aggettivi per una serie che tra le molte qualità ha anche quella di disinnescare qualsiasi tentativo di chiose pensose e seconde letture. Siamo nella serie di genere, in purezza, nella quale – basandosi su fortunati romanzi in origine – si tratta “solo” di scrivere bene la sceneggiatura, scegliere bene gli attori e girare tutto a regola d’arte. Spy-story, ma con il trucco – doppio trucco, in realtà.Protagonisti sono gli spioni emarginati dell’Mi6, il servizio segreto inglese. Ne hanno combinate parecchie e li hanno relegati in un orrendo edificio – il Pantano – agli ordini del capo, il Jackson Lamb di cui sopra. E quiarriva la stratosferica (unico aggettivo necessario) prova di Gary Oldman, uno che ha risolto il problema del passare del tempo trovando un ruolo perfetto, in una serie che non abbisogna d’altro se non di essere vista almeno una volta, per non mollarla mai più. Il doppio trucco consiste nel fatto che gli smandrappati agenti sono tali, ma poi risolvono tutto e soprattutto restano impelagati dentro trame criminal-terroristiche da far tremare quelli bravi. Nel primo episodio Oldman-Lamb spiega a una nuova: «Non chiamarli reietti, si arrabbiano». E lei: «Tu come li chiami?». «Reietti». La scrittura è di Will Smith – solo omonimo e, inoltre, bianco – quello dei romanzi d’origine è Mick Herron e il fatto che abbia già pubblicato un’altra decina di trame è una polizza per il futuro della serie.Che in questa stagione inizia con un tremendo attentato a Londra e poi sviluppa un mistero spy-thriller di alto livello. Ma conta soprattutto il clima caldo-sarcastico dell’insieme: e se per quella sigla, iniziale e finale, si è mosso Mick Jagger ci sarà pure un motivo.*** «Sono contento che ci sia Al Bano. L’altro giorno gli ho spedito un pannello come regalo per i suoi ottant’anni. Poi ho scoperto che li ha fatti l’anno scorso, ma va bene lo stesso» (Mauro Corona, È sempre Cartabianca, Rete4).