la Repubblica, 5 settembre 2024
Zelensky fa saltare i ministri troppo popolari
«L’inverno si avvicina». Nell’ultima intervista da ministro degli Esteri, concessa allaCnn poche ore prima delle dimissioni, Dmytro Kuleba ha sottolineato l’unica certezza che hanno davanti gli ucraini: un nuovo inverno di guerra, il terzo, addirittura più duro degli altri due. La prospettiva è quella di convivere con i blackout, senza certezze nell’erogazione di luce e di riscaldamento, mentre la mobilitazione obbliga una parte crescente della popolazione maschile a partire per il fronte e gli attacchi russi contro le città aumentano. E soprattutto per il governo di Kiev diventa ancora più difficile definire la strada per ottenere una vittoria sulla Russia.L’offensiva contro Kursk ha spazzato via ogni prospettiva immediata di negoziato, che si trattasse di un cessate il fuoco o di un patto limitato a sospendere i bombardamenti sulle centrali elettriche. Probabilmente è stata proprio l’iniziativa sul territorio russo a innescare le decisioni politiche che stanno rivoluzionando l’esecutivo di Kiev. L’operazione è stata fortemente voluta da Zelensky e dal suo fedele comandante in capo, il generale Syrsky, che non solo hanno tenuto all’oscuro gli alleati ma anche molti dei ministri. Parlando con laNbc, il presidente ha dichiarato che «neppure l’intelligence ucraina ne era a conoscenza, ho ridotto al massimo il circolo delle persone informate. Credo sia stato uno dei motivi per cui ha avuto successo».In realtà è stata una mossa ardita, ad alto rischio e con risultati al momento controversi. È servita però a testimoniare ai partner occidentali la volontà di non accettare un ruolo passivo: l’Ucraina – questo il messaggio dell’Operazione Kursk – è pronta a tutto pur di sconfiggere la Russia e dimostrare che “le linee rosse” evocate dal Cremlino sono un bluff, perché neppure l’avanzata oltre il confine ha spinto Putin a rappresaglie straordinarie e tantomeno a concretizzare una ritorsione nucleare. L’offensiva oltre a ribadire l’autonomia delle scelte di Kiev dai condizionamenti europei e statunitensi, voleva anche persuadere gli alleati a rimuovere i vincoli sull’impiego delle armi a lungo raggio, nella convinzione che soltanto questi strumenti possano infliggere un colpo decisivo al nemico. Gli sciami di droni di produzione nazionale che quasi ogni notte vengono lanciati in direzione delle metropoli, delle fabbriche e degli aeroporti russi non sono in grado – salvo eccezioni come il raid sui depositi di carburante di Proletarsk – di incidere sulle sorti delconflitto: i missili Atacms americani, gli Storm Shadow franco-britannici e gli ordigni a lungo raggio sotto le ali degli F16 possono invece portare la guerra nel cuore dell’apparato industrial-militare di Putin.Finora però Washington, Parigi e Londra non hanno cambiato posizione. Kuleba nell’intervista allaCnnha detto che si era «all’ultimo miglio» della strada per il via libera all’uso illimitato dei missili. Ma i dubbi sui pericoli di un’escalation continuano a frenare le cancellerie occidentali. Ed ecco che la leadership ucraina deve trovare un altro percorso per la vittoria, inevitabilmente più lento e più carico di sacrifici: il drastico rimpasto di governo riguarda tutti i dicasteri chiave. Gli Esteri, perché saranno le elezioni statunitensi a determinare la prossima fase del conflitto e sarà l’adesione alla Ue a fornire le garanzie sul futuro del Paese. Le industrie strategiche ossia la capacità di costruire in patria gli armamenti più importanti, riducendo la dipendenza dagli aiuti stranieri. La Giustizia, perché la lotta alla corruzione è uno dei requisiti per l’ingresso nell’Unione ma anche per placare il malcontento di chi rischia la vita in trincea mentre altri si arricchiscono all’improvviso.Così come dovranno trasmettere un diverso segnale alla popolazione i responsabili del fondo statale, incaricato di gestire la distribuzione dei finanziamenti internazionali, e della rete elettrica.Sarà un gabinetto ancora più di guerra, designato per portare avanti il conflitto per almeno un altro anno.Quello che tutti si chiedono è se Zelensky, oltre ovviamente a scegliere persone di sua stretta fiducia, saprà individuare figure con una competenza tale da fronteggiare i problemi del Paese. Alcuni dei dimissionari hanno dimostrato efficienza e ottenuto popolarità, come Alexander Kamyshin che è riuscito a tenere in funzione le ferrovie durante la prima fase dell’invasione e ieri ha rivendicato i primati dei suoi 534 giorni da ministro dell’Industria strategica: «Nel 2023 la produzione è triplicata, nel settembre 2024 è ulteriormente raddoppiata. Abbiamo ordinato un milione di droni Fpv e siamo in grado di costruirne tre milioni». Sarà difficile fare di più.