Corriere della Sera, 5 settembre 2024
Sangiuliano voleva trovare un lavoro all’amante
«Aiutatemi a dare una mano a Maria Rosaria, magari presentiamola a qualcuno a Milano, nel mondo della moda, nell’organizzazione degli eventi è bravissima…». Se a essere galeotto è un mese, e non il libro com’era stato per Paolo e Francesca raccontati da Dante nel quinto canto dell’Inferno, quel mese per Maria Rosaria Boccia e Gennaro Sangiuliano è il mese di agosto. Ad agosto del 2023 vengono a contatto, ma solo diversi mesi dopo si conoscono, si scambiano i numeri, iniziano a sentirsi. Ad agosto del 2024 viene giù tutto come un castello di carte: la nomina a consigliere del ministero dei Beni culturali che si sentiva già in tasca, e quindi le ambizioni di lei; la reputazione all’interno della maggioranza di lui, aggrappato con le unghie alla casella ministeriale che conserva ma non si sa ancora per quanto e a quale prezzo politico; e ovviamente la storia d’amore, o quello che era.
All’inizio del mese scorso, quando l’apparato di burocrazia interna del ministero respinge al mittente la contrattualizzazione della donna sollevando quel conflitto d’interesse che lo stesso Sangiuliano inizia per la prima volta a considerare alla stregua di un ostacolo insormontabile, il ministro presenta Boccia a una coppia di amici “milanesi” a cui nei mesi precedenti l’aveva tenuta nascosta. Tolta l’ultima drammatica telefonata di cui dà conto lei nella carrellata di stories su Instagram di ieri («Te l’ho detto ieri per telefono, te lo ripeto stamattina…»), negli ultimi dieci giorni in cui infuria la bufera i due si parlano solo attraverso di loro. A Ferragosto il ministro ha già capito che il contratto di lei col ministero non s’ha da fare e si adopera, attraverso i contatti sotto il Duomo, per rimediare con un piano B che avesse a che fare col mondo delle imprese, della moda, il primo amore di lei. «Aiutatemi a dare una mano a Maria Rosaria», diventa un incrocio tra una cantilena e un appello disperato, anche perché il tempo stringe e la diretta interessata non è ancora stata informata. E quando lei capisce che il sogno di entrare ufficialmente in quello staff dei Beni culturali in cui si muoveva da mesi come se ne fosse parte integrante è ormai svanito, sempre attraverso gli ambasciatori fa sapere di avere in mano documenti e soprattutto registrazioni telefoniche da diffondere presso chiunque. Compresa «qualche telefonata privata in viva voce che il ministro avrebbe fatto in presenza di Boccia senza però immaginare che la stessa, oltre che a sentire, stesse anche registrando…». Una alla moglie del ministro, altre in cui si sarebbe parlato di nomine e politici.
È a quel punto, quando la storia inizia a farsi largo tra le pagine dei giornali, che a Palazzo Chigi e nella sede di Fratelli d’Italia, parte la caccia a chi sia stato, come dice qualcuno con una metafora tra l’ironico e il macabro, «il paziente zero contagiato dal virus Boccia». Da dove arriva? Chi la manda? Come si è fatta largo nelle stanze di Montecitorio, arrivando ad accreditarsi con diversi intergruppi parlamentari, che avevano quasi sempre come comune denominatore il benessere e la medicina? Che cosa faceva prima di conoscere Sangiuliano? Il punto geografico su cui concordano tutti è la città di origine di lei, Pompei. E i contatti politici e forse anche istituzionali che in loco Boccia avrebbe potuto maturare, in passato, forse addirittura trasformandoli in altrettante occasioni di lavoro. Poi ci sono i parlamentari con cui ha collaborato, sempre per una al massimo per due occasioni, quasi mai di più, nella promozione di piccoli eventi, conferenze stampa, che in qualche caso ha moderato: Catello Vitiello, l’ex parlamentare espulso dai Cinque Stelle per la sua ex obbedienza alla loggia massonica del Grande Oriente d’Italia e poi passato a Italia viva; Marta Schifone, FdI, che fonda l’intergruppo sulla dieta mediterranea; Gimmi Cangiano, sempre FdI, che ne fonda uno sugli Stili di vita; Simona Loizzo, Lega, che ne eredita la reggenza da quest’ultimo; Annarita Patriarca, Forza Italia, che ne presiede uno per le Neuroscienze.
Ciascuno di loro, direttamente o per il tramite della propria segreteria, è assediato da email di proposte e richieste di appuntamenti di Boccia, a caccia di collaborazioni più stringenti e di occasioni politico istituzionali più allettanti. «Mi è stata presentata da alcuni medici. Poi ha cominciato a farsi viva a più riprese, facendo mille proposte. Mi sono confrontata con gli altri di cui lei millantava conoscenza e collaborazioni e ho capito che ovunque era la stessa solfa», confida una di loro «non tanto per paura di chissà che ma per non commentare una vicenda così sgradevole». Tutto questo non si ferma nell’agosto del 2023 ma rallenta, questo sì. Anche perché agosto è il mese che cambia e poi ricambia la storia di Maria Rosaria Boccia. All’interno del ministero della Cultura, fino a qualche settimana fa, raccontano si muovesse quasi col piglio di un viceministro. Fino a quell’agognato foglio di nomina, che viene risputato all’indietro e inizia a muoversi per l’aria come un boomerang impazzito. Destinato a colpire non si sa quanti altri, non si sa chi. Oltre al ministro Sangiuliano, s’intende