Avvenire, 4 settembre 2024
L’Indonesia non è più quella di Sandokan
Chissà che cosa direbbe oggi un redivivo Emilio Salgari, se potesse finalmente raggiungere i posti che ha descritto nella sua saga di Sandokan senza mai muoversi da casa sua. Qui in Indonesia i nomi di alcune località sono evocativi. Labuan, sulla costa dell’isola di Giava, rimanda a Marianna, la donna amata dal suo eroe. Nel nord-ovest del Borneo, poi, troviamo Sandakan (scritto proprio così). Ed è impossibile non pensare alla “Tigre della Malesia”.
Ma tutto il resto è cambiato.
Almeno al primo impatto con Giacarta, la megalopoli di 11 milioni di abitanti che è la capitale di questo Paese arcipelago (17mila isole, “solo” seimila delle quali abitate, 400 etnie), prima tappa del viaggio più lungo di papa Francesco. Grattacieli modernissimi ovunque, traffico che quello del Raccordo in confronto è una passeggiata di salute, una cappa di smog che vela il cielo senza soluzione di continuità. Una giungla, insomma, ma di vetro, cemento e asfalto.
Già, che cosa direbbe Salgari di fronte a questo scenario? E forse ancor di più: che cosa direbbe lo stesso Sandokan? Viene alla mente un paradosso (e si sa che i paradossi contengono una buona parte di verità). In fondo, letta con occhio meno ingenuo di quello della nostra adolescenza, qual era la morale della favola della saga salgariana, se non il confrontoscontro tra l’Occidente coloniale e sfruttatore rappresentato dal cattivo Sir Brooke e i popoli “vergini” del sud del mondo?
L’aspirazione di Sandokan alla libertà si è trasformata nell’anelito che ha portato alla fine del colonialismo. La stessa Indonesia ha proclamato la sua indipendenza dall’Olanda nel 1945. Ma il paradosso è proprio qui. Che i “pronipoti” del pirata (anche se era malese, li possiamo chiamare così per vicinanza geografica), una volta ottenuta l’indipendenza dall’Occidente, l’Occidente se lo sono ricreati a casa loro. Difetti compresi, come ad esempio smog, sacche di povertà, inquinamento e traffico. No, Sandokan probabilmente non sarebbe contento di questo modello. E troverebbe in papa Francesco un naturale alleato.
Anche se il Papa, beniteso, combatte con altre armi.