La Stampa, 3 settembre 2024
L’agricoltore a giudizio per avere "rubato" un fiume
In paese, e con una certa ironia anche in tribunale, lo chiamano “il ladro di fiume”. Anche se tutti sanno che non è un vero e proprio fiume. È un rio. Il rio Tepice di Chieri, che scorre nei campi irrigati e sfiora le cascine della collina.Eppure, l’agricoltore che adesso è finito a giudizio, dopo la chiusura dell’indagine del pm Giuseppe Drammis, dovrà rispondere del reato di furto. Esattamente del furto di acqua potabile del rio Tepice. Una quantità ingente di acqua, che vale, così hanno stimato, dai 15 mila ai 17 mila euro. Ecco perché adesso, al Palagiustizia, tutti chiamano l’imputato “il ladro del fiume”. «Volevo solo bagnare i miei campi di mais», si difende l’imputato, che vive dalle parti di Riva di Chieri ed è difeso dall’avvocato Cesare Mariconda.L’indagine è stata svolta dalla polizia municipale di Chieri. Tutto nasce quando un dirigente di Marentino (Torino), che lavora per la Smat, alle sette di mattina, durante un sopralluogo, nota qualcosa di strano. «Ero a Chieri, sulla statale 122, circa all’altezza del chilometro 8 – ha raccontato agli inquirenti – e stavo facendo delle verifiche idriche dell’acquedotto. Cercavo, in sostanza, possibili fughe. O furti». Perché era lì? Per risolvere l’enigma di una serie di fatti anomali. Da settimane i cittadini di Chieri segnalavano al Comune o alla Smat che dai loro rubinetti l’acqua corrente usciva torbida. Ma non solo. I conti non tornavano. La rete idrica perdeva acqua. E nessuno capiva il motivo. Infine, la Smat aveva rilevato una serie di consumi anomali: dal mese di aprile del 2022 fino all’estate. Ecco perché, nel mese di giugno di quell’anno, era scattata, all’alba, la prima ricerca ispezione. La prima caccia al ladro.«Ho trovato – ricorda il dirigente detective – proprio nel punto in cui la condotta emerge dal terreno per scavalcare il rio Tepice, l’apertura totale della valvola di sfiato che causava una fuoriuscita di acqua potabile– Circa 5 o 6 litri di acqua al secondo. L’acqua finiva per caduta all’interno del rio stesso». La prima scoperta era fatta. E così si è appostato per ore in mezzo al verde. «Verso le 7,30 ho notato un uomo dirigersi proprio nel punto in cui ero io prima. Aveva una chiave inglese in mano. Quando ci ha visti però, è tornato sui suoi passi. Era tutto molto sospetto. Se ne è andato. Io e il collega abbiamo chiuso la valvola».Parte in quel momento il pedinamento del sospettato. Un uomo di una certa età che fa l’agricoltore. E che, quatto quatto, se ne va. L’inchiesta accerta un furto di acqua potabile di una certa rilevanza. «Il flusso violento dell’acqua in pressione uscente, peraltro in maniera incontrollata della valvola – è quanto denuncia il dirigente Smat dando vita all’indagine – aveva scavato completamente il terreno, creando un potenziale pericolo di sprofondamento dello stesso manufatto. E l’acqua che cadeva nel rio Tepice aveva formato un bacino artificiale da quel punto, perché a monte c’era una diga artificiale fino a 500 metri più a valle». Proprio qui, secondo quanto accertato dalla municipale, era stata creata una vera e propria interruzione del fiumiciattolo con uno sversamento di terra che interrompeva il rio Tepice.Il cosiddetto «attingimento furtivo» ha un valore importante. Secondo chi ha denunciato l’agricoltore, «si può identificare in circa 5 o 6 litri al secondo». Un numero che, moltiplicato per almeno 90 giorni di presunti furti, ha una «quantificazione economica di circa 15 mila o 17 mila euro». È questo il danno che la società Smat è pronta a chiedere all’imputato. Un uomo che non è stato sentito durante l’indagine. E che è pronto a difendersi in aula. Anche se ormai, in tribunale a Torino, per tutti è “il ladro di fiume”.