La Stampa, 3 settembre 2024
Il mercato delle fontanelle da strada torinesi
«Torino ha un affetto incredibile per le sue fontanelle di colore verde, con il toro in primo piano, dalla bocca del quale esce l’acqua: è qualcosa che non ho visto da nessun’altra parte». Già, perché il «Torèt» è qualcosa di più di un arredo urbano. E Andrea Lamperti, 33 anni, ne parla con cognizione di causa: da anni, infatti, le fontane simbolo di Torino, che escono dalla sua fonderia, vanno a ruba tra aziende e privati.Fondata nel 1908 a Legnano e oggi attiva a Castellanza, in provincia di Varese, la «Fonderie Lamperti» ha iniziato a fornire i suoi primi «torèt» in ghisa a Smat alla fine degli Anni Novanta, contribuendo a diffonderne l’immagine in Piemonte, in Italia e addirittura in diversi Paesi d’Europa.«Quando abbiamo smesso di collaborare con Smat, abbiamo scelto di tenere l’articolo in vendita» dice Lamperti. Il motivo è semplice: «Abbiamo notato, anno dopo anno, il grande interesse dei torinesi per questo oggetto».Insomma, nonostante i torèt della fonderia non finissero più per le strade della città, c’era ancora tanta gente che voleva averne uno di dimensioni reali nel giardino di casa: «Ne facciamo venti ogni due o tre anni» spiega Lamperti. E le scorte, puntualmente, finiscono.Gli ordini non arrivano solo dal capoluogo piemontese, ma anche dall’estero. È il caso del dirigente d’azienda torinese che ne acquistò uno per la figlia che si era sposata a Detroit, negli Stati Uniti. «Glielo abbiamo spedito fin lì – spiega Alfredo Lamperti, 65 anni e padre di Andrea – in modo che potessero piazzarlo in giardino». Sempre negli Stati Uniti, a due newyorchesi, è stata spedita l’iconica testa della fontana.E poi c’è la coppia di piemontesi che, dopo essersi trasferita in Scozia, ha deciso di portarsi appresso e piazzare in giardino un tocco di torinesità.Ma il mito del torèt è destinato a non perdere smalto neanche quest’anno: dei trenta pezzi messi in produzione nel 2024, e che presto saranno disponibili, «ne sono già stati prenotati quindici» spiega Lamperti. Gli acquirenti «apprezzano il fatto che le nostre fontane sono fatte come quelle del diciannovesimo secolo». La differenza la fa la testa del toro, «che è come quella dei torèt delle origini».Il processo di produzione parte dal modello in alluminio ed è interamente artigianale. Quindi per definizione lungo e difficile. «Nonostante la tecnologia – spiegano i Lamperti – le nostre fontane vengono realizzate rigorosamente a mano». Un processo che richiede giorni di lavorazione e la precisione imposta dalla fedeltà al modello d’origine. Il costo finale si aggira tra i 1.459 e i 1.526 euro in base al tipo; l’altezza è un metro, il peso 140 chili e il colore può essere il classico verde o il grigio.«La famiglia Lamperti realizza i torèt come dovrebbero essere» commenta Mauro Allietta, 54 anni, che dal 2010 guida l’associazione «I love Torèt», nata per tutelare e promuovere la loro storia. Secondo Allietta, il legame dei torinesi con i «torèt» si spiega in due modi: «In primis il numero: a Torino ce ne sono più di ottocento, sparse in tutti i quartieri. E poi il fatto che esistono da più di 150 anni, e quindi tutti hanno ricordi legati a loro».Anche i Lamperti, pur essendo lombardi da generazioni, si sono affezionati a questa fontana : «Ci piace così tanto che ne abbiamo prodotti alcuni persino in miniatura» ammette Alfredo Lamperti.Così, dieci anni fa la fonderia e l’associazione «I love Turét» hanno avviato una collaborazione con l’obiettivo di valorizzare la storia delle fontane. Chi volesse acquistarne una può farlo anche passando attraverso l’associazione, sostenendone così le attività: «A chi lo acquista attraverso di noi cerchiamo di raccontare il mondo che c’è dietro – dice Allietta – spiegando anche il loro grande valore storico e artigianale».