La Stampa, 3 settembre 2024
Il tunnel del monte Bianco chiuso crea disagi
I primi operai sono entrati in azione ieri, intorno alle 17. Gli ultimi tir erano transitati dal Monte Bianco nel pomeriggio. Poi la chiusura totale del Traforo, che per 105 giorni non sarà percorribile. Quindici settimane di stop al traffico – la riapertura è programmata per il 16 dicembre – per l’avvio di una manutenzione radicale del tunnel autostradale lungo 11,6 chilometri (7,6 sul versante francese, 3,9 in quello italiano).Come annunciato dal gestore, i lavori di riammodernamento imporranno chiusure a singhiozzo per i prossimi diciotto anni, causando pesanti disagi soprattutto al trasporto merci. Le alternative per chi deve raggiungere la Francia dall’Italia, e viceversa, sono limitate a causa della frana che nell’agosto del 2023 ha messo fuori gioco il tunnel ferroviario del Fréjus e dei cantieri che impediscono il passaggio dei tir dal Colle di Tenda. Rimane solo l’autostrada del Fréjus che da Bardonecchia arriva a Modane, in Francia, da cui già transitano in media ogni anno tra i 700 e gli 800 mila tir (oltre duemila al giorno) e più di un milione tra auto e moto. Secondo le stime attuali nove camion su dieci saranno dirottati proprio al traforo del Fréjus, che però non sarebbe in grado di assorbire la totalità dei flussi che normalmente impegnano il Monte Bianco, da cui passa il 4,4% di tutto il traffico di mezzi pesanti che attraversa le Alpi e il 3,3% di quello leggero, se non a prezzo di gravi disagi.Inevitabile la «preoccupazione enorme» che da giorni si respira tra gli industriali del Nord-Ovest: il rischio è l’isolamento. Per ora le certezze sono i rallentamenti dei mezzi pesanti, tempi di percorrenza più lunghi per le merci e un aumento dei costi di trasporto. Che nelle previsioni di Andrea Amalberto, presidente di Confindustria Piemonte, potrebbero anche raddoppiare: «Ogni variazione di percorso comporta costi che fanno perdere competitività alle nostre merci. La Francia è uno dei maggiori partner dell’Italia per lo scambio di merci, parliamo di 45 milioni di tonnellate annue, senza contare quelle che transitano per altre destinazioni». Ma la cosa più preoccupante, sottolinea, è l’assenza di un piano B: «Se il traforo stradale del Fréjus dovesse avere un problema, rimarremmo tutti bloccati».A lanciare l’allarme è anche il presidente della Valle d’Aosta, Renzo Testolin: «È una chiusura programmata ma non per questo meno impattante per il nostro tessuto economico e sociale». E per questo sollecita la politica nazionale e Parigi: «È indispensabile per dare risposte non solo alla nostra comunità, ma anche alle esigenze di tutto il Nord Ovest nei collegamenti con la Francia».Pesanti ripercussioni sono previste anche nella circolazione in Piemonte e Valle d’Aosta, che rischiano di vedere tangenziali e statali invase da mezzi pesanti che tentano di dribblare la chiusura del Monte Bianco. Da ieri il traffico leggero viene ripartito tra la galleria che collega Bardonecchia e Modane, il traforo del Gran San Bernardo e il colle del Piccolo del San Bernardo, che però chiuderà in caso di neve.Intanto le imprese della logistica e gli industriali guardano oltre il 16 dicembre, quando il Monte Bianco riaprirà, quantificando le ripercussioni economiche causate dalle chiusure a singhiozzo per tre mesi all’anno fino al 2042. Uno scenario che prevede perdite per 11 miliardi di euro per il Pil del Nord-Ovest. Anche per la regione francese Rhone-Alpes, che si trova dall’altra parte del Monte Bianco, l’impatto sarebbe significativo: le stime parlano di un calo del 2,6% del Pil. Ma il governo francese, finora, ha sempre frenato sui lavori per la realizzazione della seconda canna del traforo del Frejus. Per la parte italiana, invece, il progetto c’è. E anche i soldi. A disposizione c’è oltre un miliardo, si prevede che sia necessaria una cifra vicina a 1,3 miliardi. La galleria sarebbe pronta in cinque anni. Resta da convincere Parigi.Ci prova Francesco Turcato, presidente degli industriali valdostani, che non usa mezzi termini: «È l’unica alternativa, è un dossier di interesse nazionale. Per la nostra economia è fondamentale. Per fare un esempio: l’anno scorso, quando il traforo non è stato bloccato, a Courmayeur c’erano 18 hotel aperti. Quest’anno ne restano solo tre».