Corriere della Sera, 3 settembre 2024
Le frasi scandalo di Höcke: «Hitler non fu il male»
Nel 2019 un programma tv, Berlin Direkt, sottopose un indovinello a vari parlamentari di Alternative für Deutschland: dovevano distinguere frasi del Mein Kampf e frasi di Björn Höcke, oggi mattatore della politica nazionale. Nessuno ci riuscì. Höcke protestò che «non è un linguaggio nazista: è tedesco». Ma il suo partito, fondato nel 2013 come euroscettico, non smette da allora di produrre esternazioni e parole d’ordine che fanno discutere.
Il presidente del partito Tino Chrupalla ha un bel dire civilmente, in tv, che «la libertà di movimento all’interno dell’Europa è desiderabile, ma non oltre». Negli ultimi mesi, anche in vista del voto a Est, la parola d’ordine è diventata un’altra. «Remigrazione»: rimandare circa 2 milioni di persone «a casa loro». Il lemma debutta a gennaio 2024, sul lago di Wannsee poco fuori Berlino dove il nazismo progettò la «soluzione finale», in una conferenza con l’estremista austriaco Martin Sellner. Afd se ne dissocia, ma nel comunicato ribadisce che i migranti sono il problema: «C’è bisogno di remigrazione». Più spiccio il funzionario Dieter Görnert, nel 2018: «Sparargli, o rimandarli in Africa». Il militante Marcel Grauf, in chat: «Con così tanti immigrati un bell’Olocausto forse ci vorrebbe». Uno dei padri del partito, l’avvocatone Alexander Gauland, nel 2016: i tedeschi tifano Boateng (il calciatore nato a Berlino, da padre ghanese) ma nessuno lo vorrebbe vicino di casa. Beatrix von Storch, deputata, parla di «difendere i confini in armi». E così via. Su Youtube si trovano video del 2015 in cui Höcke spiega serenamente che «il tipo di espansione africana che afferma la vita incontra l’imbelle europeo che nega se stesso». Dalle teorie della razza viene anche il sinistro sostantivo Umvolkung, «scambio di popolazione», che i personaggi più estremi del partito come Max Krah usano largamente.
Siamo l’unico popolo che fa un monumen-to della sua vergogna nel cuore della sua capitale
Proprio Krah, a maggio, ha detto: «Non dirò mai che chi aveva un’uniforme delle SS era un criminale». Ha poi lasciato il direttivo del partito; non prima che Marine Le Pen ripudiasse l’alleanza con Afd.
Il tipo di espansione africana che afferma la vita incontra l’imbelle europeo che nega se stesso
Il discorso più celebre di Höcke è una lunga arringa, del 2017, all’ala giovanile del partito: l’ex professore di storia attacca il Memoriale della Shoah di Berlino. «Siamo l’unico popolo al mondo che fa un monumento alla vergogna di sé nel cuore della capitale». Due mesi dopo, al Wall Street Journal, ribadisce: «Il grande problema con Hitler è che se ne parla come del male assoluto. Ma niente nella Storia è bianco o nero». Höcke ha invocato una «inversione di 180 gradi nella politica della memoria». A maggio 2021 (e a luglio 2024) è stato condannato per aver usato il motto «Alles für Deutschland» della milizia nazista SA.
Al timone di Afd, insieme a Chrupalla, siede Alice Weidel, classe 1979. Ama dire che «il politicamente corretto finirà nella discarica della Storia». Quando, in tv, un commentatore le risponde «bene, allora diciamo che la tr… neonazista ha ragione» lei lo querela (perde). Proprio Weidel è protagonista di uno dei rarissimi gesti antirussi di Afd. Maggio 2023, come ogni anno i politici tedeschi vanno al ricevimento dell’ambasciata russa a Berlino: si commemora la sconfitta del nazismo per mano dell’Armata Rossa. Lei diserta: «Non celebro la sconfitta del mio Paese da parte di un’ex potenza occupante». Per il resto, massima ostilità all’Ucraina. Weidel e Chrupalla, a giugno 2024, quando Zelensky visita il Bundestag, se ne vanno. «Ci rifiutiamo di ascoltare un oratore in mimetica. Il mandato di Zelensky è scaduto. L’Ucraina ha bisogno di un presidente di pace disposto a negoziare».