Corriere della Sera, 2 settembre 2024
Il culto ortodosso riempie le chiese di Vigevano
Vigevano (Pavia) - Le icone ortodosse sono di fianco agli affreschi dei santi. La messa in italiano ne precede una in greco, slavo o romeno senza che nessuno abbia da ridire. Sono chiese di quartiere, una volta entrati si è catapultati in Grecia. Perché sono gli ortodossi, a Vigevano, a tenere in vita due edifici religiosi che altrimenti verrebbero lasciati alla mercé del tempo che passa. Un esempio di convivenza pacifica tra fedi e anche, volendo essere pratici, un problema risolto.
Da poco meno di un anno la chiesa di San Carlo, in una via appartata del centro storico, è gestita dalla chiesa ortodossa della «Protezione della madre di Dio». Prima i fedeli si ritrovavano in un palazzo di proprietà comunale. La diocesi di Vigevano, con il vescovo Maurizio Gervasoni, ha così offerto ospitalità. San Carlo non era parrocchia da tempo e infatti era sempre vuota. «Conviviamo pacificamente – spiega padre Sergio Mainoldi, arciprete ortodosso – con il culto cattolico, che viene officiato in una cappella attigua. Durante le nostre funzioni, molti di loro accendono ceri». Il 24 agosto si festeggiavano i 300 anni dalla costruzione dell’edificio e la cerimonia è stata, appunto, ecumenica. Fedeli di varie confessioni a pregare insieme. Questa comunità annovera vigevanesi di adozione, perlopiù ucraini, moldavi e russi. I membri attivi (che si vedono almeno una volta al mese) sono circa 90.
In corso Genova, via trafficatissima, c’è il convento delle suore Maddalene, da tempo sotto sfratto. Nell’ampio complesso, ecco la parrocchia ortodossa romena di San Giacomo Maggiore. Fa parte dell’omonima diocesi che comprende tutta l’Italia. Anche qui, l’interno della chiesa non è quel che sembra da fuori: sono le icone a separare il presbiterio dal resto dello spazio. Al centro ci sono Cristo e la Madonna, sulla destra il patrono della chiesa – in questo caso san Giacomo, festeggiato il 30 aprile – e, a sinistra, san Nicola. Il sincretismo tra qualcosa di conosciuto, la chiesa «tipica» cattolica e le immagini orientali, più inconsuete, riempie di stupore. Da dieci anni, grazie al comodato d’uso concesso dalla diocesi di Vigevano, qui c’è la base degli ortodossi romeni. Prima erano costretti a riunirsi in un piccolo salone parrocchiale e pregavano, con tutte le difficoltà del caso. Poi è arrivato l’accordo col vescovo. Padre Cristian Alexandru quando è giunto in città non conosceva i suoi fedeli. Li è andati a cercare uno ad uno, quasi casa per casa. «Molti – spiega – si erano allontanati dalla religione, anche per l’impossibilità di praticarla qui. Stimo circa 1.300 osservanti in città, ovviamente gli assidui sono meno. Persone perfettamente integrate, i cui figli a volte frequentano il catechismo cattolico. Si parla sempre di Dio, non c’è quindi differenza».
Poco prima della Pasqua, che si celebra successivamente a quella cattolica, gruppi di famiglie arrivano, con ritmi lenti e pacifici. Riempiono tutti i parcheggi e attendono pazienti la veglia del Venerdì santo, quando l’edificio viene circondato da una suggestiva sequenza di candele. Poi, quando è buio, sempre con la loro candela in mano, si disperdono indugiando in strada per l’ultimo saluto, rendendo la notte vigevanese insolitamente affollata, con un brusio piacevole di sottofondo e le luci.