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 2024  settembre 02 Lunedì calendario

Varenne, 29 anni e oltre 3000 figli, vive nel pavese

L’altro giorno il qui presente aveva “la corta”. La corta è il giorno di riposo dei giornalisti, inventato a suo tempo per impedire agli scribacchini di buttar giù boiate 7 su 7. Ma ieri non era giorno di corta e, quindi, eccoci qui.
Nel giorno di corta a casa mia comanda mia moglie. Anche negli altri sei, ma nel giorno di corta di più. Mi dice: «Ti porto in un posto a prendere il freschetto». È ancora agosto, fa un caldo bestiale, accetto senza condizioni, tranne una: «Ricordati che devo tornare presto ché a San Siro c’è Inter-Atalanta» (finirà 4-0 con una dimostrazione di grandezza impressionante dei nerazzurri e, nonostante tutto, sarà la seconda cosa più incredibile della giornata).
Partiamo a un orario decente per raggiungere il posto del freschetto, 40 minuti a sud di Milano (Villanterio, provincia di Pavia). Si chiama “Tenuta il Cigno” e anche se in non ho incrociato un cigno neanche per sbaglio, mi è parso un posto molto bello. Avete presente quando uscendo dalla grande città finite improvvisamente in mezzo alle campagne e ci sono insetti grossi come cocchi e l’odore del letame ti entra nel naso e il sole è più sole e i colori sono più colori e sembra tutto come nel Ragazzo di Campagna? Ecco, eravamo in quel posto lì. E quel posto lì aveva una sontuosa piscina con cucina annessa, perché la verità è che eravamo lì per gozzovigliare.
Ma veniamo al punto. Il punto è che una volta arrivati ho aguzzato l’occhio su un cartello: “Casa di Varenne”. Nella mia testa si sono sommate sinapsi incontrollate e parecchio elementari: «Sarà il nome furbo dato al centro d’equitazione per acchiappare allocchi». Mi rivolgo al gentile proprietario dell’ambaradan del Cigno, il signor Stefano: «Signor Stefano, perché l’avete chiamata Casa di Varenne?». Il signor Stefano sogghigna: «Hai da fare alle 17?». E io: «Oltre a gozzovigliare?».

BOX ALL’AVANGUARDIA
Alle ore 17 il signor Stefano mi presenta Daniela. E lei: «Vieni con me». Mi fido ciecamente, abbandono la moglie a bordo vasca, salgo in auto. Daniela guida per, boh, tre minuti al massimo su strada sterrata e in direzione ignota. Parcheggia davanti a un box, scendo, non c’è nessuno. Sento nitrire e finalmente le sinapsi si fanno più acute: «Oh cazzo, non staremo realmente parlando di “quel” Varenne...». Brividino.
Varenne, il più grande di tutti i tempi, il re del trotto, il Capitano, un essere vivente che ha fatto la storia dello sport come, che ne so, Diego Maradona, Roger Federer, Alberto Tomba, Michael Jordan, Tiger Woods, Ayrton Senna e tutti questi. Perché loro nei rispettivi campi sono stati miti, icone, punti di riferimento inarrivabili e lui nel trotto pure... Anzi, di più.
«Ha 29 anni, è un vecchietto – racconta Daniela – è come se un essere umano ne avesse 85. Ora te lo mostro». Entriamo nel box e Varenne si fa avanti, imponente. «Non dà tanta confidenza agli estranei, ma non ha mai fatto male a una mosca». Ha sguardo realmente umano, postura reale e, così come noi conosciamo la sua storia, lui sa di essere una leggenda vivente. Si percepisce.
Concede al qui presente visitatore improvvisato di accarezzarlo e, intanto, Daniela racconta: «Vive qui da un paio d’anni, seguito dal suo team: ci sono io, ci sono le mie assistenti, c’è il suo veterinario personale...». Mi mostra le pareti del box climatizzato: «Intorno ha un campo magnetico che lo aiuta a conservarsi al meglio, gli facciamo l’ozonoterapia ed è seguito costantemente». All’esterno, un prato tenuto come neppure a Buckingham Palace: «È il suo paddock, può uscire quando vuole». Li attorno zampetta una capra, Bagola («la sua migliore amica»), un paio di pecore («passano ore e ore assieme a lui») e un puledrino, che poi è uno dei suoi oltre 3000 figli: «Lo abbiamo tenuto qui perché alla nascita ha avuto dei problemi, è la nostra mascotte». Gli altri 2999 “figli di Varenne” (ma in realtà sono anche di più) hanno invaso il mondo, frutto della vendita del preziosissimo seme di cotanto purosangue. Un tempo una fiala costava 15mila euro, ora 8500. «Sai, l’età – continua Daniela – E comunque continua a... darsi da fare, basta fargli vedere la sua fidanzata e si ringalluzzisce». La fidanzata è un pony di nome Minnie e tra i due c’è un’intesa incredibile. «Il giorno in cui si sono incrociati è stato amore a prima vista, stanno ore a “parlare” e lui è sempre molto rispettoso...». «In che senso rispettos... Ah ok, ho capito».

“CASA”
Le chiedo se in qualche modo Varenne trotta ancora e lei annuisce: «Certo che sì, a volte mi chiedono di portarlo in passeggiata con gli altri ma è complicato. Conserva un incredibile spirito di competizione e anche alla sua età resta pur sempre un campione: se parte, gli altri restano indietro chilometri...». Mi mostra il resto della “casa” e il museo annesso per i visitatori della domenica («abbiamo prenotazioni per mesi»): ci sono i cimeli, le targhe, i trofei. Un video riassume i suoi incredibili successi: 73 corse disputate, 62 vinte, unico cavallo nella storia dell’ippica mondiale ad aver vinto il titolo di “Cavallo dell’anno” in tre differenti Stati (Italia 2000, 2001, 2002; Francia 2001 e 2002; Stati Uniti 2001), unico trottatore ad aver vinto tutte le corse più importanti del mondo nello stesso anno (2001). «Ha battuto tutti i record, in soli premi ha vinto oltre 12 miliardi delle vecchie lire e questo nonostante abbia corso solo 4 anni, di solito si arriva a 8».
Lo storico driver Giampaolo Minnucci viene a trovarlo di tanto in tanto, così come il proprietario, il napoletano Enzo Giordano. A volte, invece, si presentano altri “visitatori”: «Ha fan i tutto il mondo, alcuni vengono di notte per non farsi vedere, ma le telecamere ci permettono di individuare gli intrusi. E per evitare che qualcuno possa portarlo via abbiamo raddoppiato i lucchetti su tutti i lati (me li mostra)». «Del resto è un po’ come la Gioconda», azzardo.
È tempo di andare. «Ciao Varenne, è stato bello». Nitrisce come per salutare e lo fa con una classe innata. Ci incamminiamo, Daniela indica i secchi con le varie tipologie di cibo: «La mattina gli do la colazione verso le 5.30/6 ed è bravissimo perché a differenza degli altri cavalli sa gestirsi il cibo, ne mangia un po’ per volta». E io: «Grazie davvero, mi hai fatto conoscere un mito». E lei: «Vedila così: non hai conosciuto un grande cavallo, hai conosciuto Varenne». Già, il Capitano.