la Repubblica, 2 settembre 2024
Richard Gere parla di Pretty Woman e altro
Venezia – «La scena del piano in Pretty woman? Nata dall’improvvisazione. Ci siamo divertiti tanto a fare questo piccolo film, senza avere la più pallida idea se qualcuno lo avrebbe visto», racconta Richard Gere a Venezia, accolto dai fan che gli cantanto happy birthday.Dopo aver rivisto la sequenza in cui suona il pianoforte, in piena notte, nel bar dell’albergo con Vivian (Julia Roberts) che lo va a cercare in accappatoio, ha scherzato: «Quei due non avevano proprio chimica, quella scena così sexy è nata quasi per caso. Il mio era un personaggio scritto in modo quasi criminale, Edward fondamentalmente era un vestito e un buon taglio di capelli. Garry (Marshall, ndr) mi ha chiesto: “Cosa può fare in questo albergo?”. L’ho immaginato vagare di notte, in preda al jet leg, sedersi al piano e poi suonare qualcosa di malinconico. Una scena che raccontava la vita interiore del mio personaggio, così l’avrebbe visto lei».Compleanno al Lido per Richard Gere che il 31 agosto ha spento 75 candeline con la moglie Alejandra Silva e il figlio maggiore Homer «che si è appena diplomato e sta iniziando la carriera di attore», ha detto fiero. La star di Chicago e American gigolò è stato protagonista di una masterclass organizzata dalla Biennale con la Fondazione Cartier, una chiacchierata sui suoi 46 anni di carriera, dal primo film I giorni del cielo di Terrence Malick al prossimo «adattamento di An odyssey di David Mendelsohn, storia di un padre e un figlio.«Quando avevo 26-27 anni ero piuttosto timido, mi piaceva fare teatro e lavorare con gli altri. Il cinemaè stata un’esperienza più intensa, ero interessato al processo cinematografico di creare mondi. Sono un dinosauro: ho iniziato con la pellicola e ormai siamo arrivati al digitale». Il pubblico gli canta happy birthday to you, sul palco incontra il suo doppiatore storico, Mario Cordova, per 34 anni sua voce ufficiale. Che ha mille curiosità e improvvisa lui stesso un’intervista. «È vero che in Cina non sei gradito per il tuo impegno per il Tibet?» gli chiede. E Gere racconta: «Vero, non posso andare in Cina dal 1993. Dovevamo girare L’angolo rosso – Colpevole fino a prova contraria sul sistema giudiziario cinese – che ovviamente non esiste perché è uno stato fascista – e non potevamo andare là a girarlo. Così lo scenografo ha ricostruito Pechino in un aeroporto fuori Los Angeles».