la Repubblica, 2 settembre 2024
Vannacci rischia di perdere i gradi
Milano – La seconda calda estate di Roberto Vannacci ha in serbo novità anche sul fronte disciplinare: il 25 settembre è prevista l’udienza al Tar che esaminerà il suo ricorso contro la sospensione di 11 mesi dall’impiego di generale, notificata al militare lo scorso 27 febbraio e decisa dai vertici delle forze armate. Ma non c’è solo questo, perché l’eurodeputato eletto con la Lega – come anticipato da Repubblica il 30 marzo – ha un altro fascicolo aperto con l’esercito, per motivi simili a quelli che portarono alla prima sanzione, e legati alla pubblicazione del secondo libro. A vedere le tempistiche che portarono al primo provvedimento, cioè sei mesi esatti, gli esiti di questa ulteriore istruttoria sono ormai vicini e il rischio maggiore che corre il generale è la rimozione dal grado di generale, cosa che lo retrocederebbe quindi a soldato semplice, o anche detto “militare di ultima classe”.Per spiegare meglio la faccenda bisogna intanto dire che la prima sospensione subita da Vannacci (con dimezzamento dello stipendio per tutto il periodo) era di poco sotto al massimo previsto per questo provvedimento dalla giustizia militare, cioè 12 mesi. Ciò per dire che la condotta del generale fu considerata già assai grave al primo giro dai comandi militari: aver scritto un libro dai contenuti controversi se non offensivi verso svariate categorie, politicamente molto orientati, tra l’altro senza chiedere formale autorizzazione per la pubblicazioni ai superiori, venne giudicato come un comportamento lesivo dell’immagine delle forze armate, che compromise «il prestigio e la reputazione dell’amministrazione di appartenenza». Dopodiché l’ex comandante della Folgore non solo non rientrò nei ranghi, per così dire, ma fece il bis con un secondo libro, Il coraggio vince,uscito in libreria il 12 marzo. Un volume che non ha avuto lo stesso successo editoriale del Mondo al contrario, ma comunque generoso nel raccontare episodi riguardanti missioni, rapporti con altri contingenti in luoghi di guerra, relazioni con diplomatici e via dicendo. Un ampio pezzo di vita militare, a tratti anche inquietante come ad esempio gli episodi sulle esercitazioni che simulavano la guerra mettendo sotto stress la psiche degli allievi, offerto ai lettori. Le regole interne all’esercito prevedono che ciò che si fa in servizio non può essere raccontato a chiunque. A meno che non si richiedano autorizzazioni specifiche ai superiori, citando ogni singolo episodio che si vorrebbe rendere pubblico.Oggi Vannacci è in aspettativa dopo l’elezione a Bruxelles, ma questo non gli ha certo tolto le stellette, che ritroverebbe una volta terminato il mandato. «Non è improbabile che un giorno io possa tornare al servizio militare attivo», ha spiegato giusto ieri in una lettera alCorseralo stesso parlamentare europeo. A suo sfavore adesso gioca ovviamente l’aver reiterato, per così dire, il comportamento che portò alla prima sospensione, oltre la quale in linea teorica c’è per l’appunto la rimozione. Dopodiché la sua linea difensiva è sempre la stessa: la “libertà di parola” non può avere limiti o vincoli legati al ruolo, qualunque esso sia. L’amministrazione militare invece – a leggere la guida tecnica della Difesa – agisce secondo «la necessità di tutelare il prestigio, l’imparzialità e l’immagine interna»; prende provvedimenti disciplinari qualora il «militare non possa più svolgere le sue funzioni con pienezza di autorità e credibilità» e «la sua permanenza in servizio possa turbare il regolare e corretto svolgimento delle attività istituzionali dell’ente». Sia dall’esercito che dal ministero le bocche sono cucite e anche comprensibilmente: la tecnica comunicativa utilizzata da Vannacci (così come da Matteo Salvini) è sempre stata quella del dipingersi come un personaggio scomodo, una specie di perseguitato dal “sistema”, salvo quando quello stesso “sistema” – la magistratura – lo ha scagionato nei vari procedimenti a suo carico. E palesi contraddizioni di questa retorica a parte, sta funzionando benissimo.