Domenicale, 1 settembre 2024
Susan Sontag sulle donne
Susan Sontag amava le argomentazioni rigorose, non le espressioni d’emotività o di cliché, e questa sua prosa costituiva per lei un segno di solidarietà con le donne e un’attestazione contro l’eteronormatività. Alcuni scritti degli anni 70, raccolti in Sulle donne, in ordine cronologico, dal figlio David Rieff risultano, al pari di ogni altro scritto di Sontag, caratterizzati da una prosa brillante, elegante, intelligente.
Anni prima, Sontag, si era illusa di trovare sé stessa nell’accademia, anche grazie al matrimonio, a diciassette anni, con Philip Rieff.
Di questa giovanile decisione si pentirà e contro il matrimonio e la famiglia scriverà, in seguito, che costituiscono un disastro etico, un museo di possessività. Per di più, trovandosi a fronteggiare un ambiente universitario declinato al maschile, aveva divorziato e compiuto una scelta del tutto inusuale, oltre che deprecabile, per i tempi: era andata a vivere da sola con l’amatissimo figlio: consapevole di rappresentare un’eccezione, un’unicità, una donna indipendente, tal quale alla sua figura intellettuale. Ciò non muterà nel corso della sua esistenza.
Il titolo del volume, sia in italiano, che in inglese, On women, risulta fuorviante, poiché qui le donne «reali» vi risultano quasi assenti, mentre traspare la riflessione, astratta e del tutto teorica, sulle donne quali categoria politica. Se le cose stanno così, risulta superfluo, come invece si è stato fatto, ipotizzare che Sontag non avesse forse letto i principiali «classici» della sua epoca.
In Sulle donne traspare l’intellettuale che sempre sarà, quella che ci osserva per poi guardare altrove, ben più in avanti. Lo attesta, di già, il primo capitolo, intitolato purtroppo con Invecchiare: due pesi e due misure, mentre il titolo è The Double Standard of Aging. Purtroppo in quanto il concetto di «double standard» vedrà numerose applicazioni, in riferimento all’invecchiamento. «La metafora più popolare della felicità è quella della giovinezza. È loro schiavitù». Tale felicità viene a scemare nelle donne, con l’invecchiamento, mentre «agli uomini è permesso invecchiare», al pari di essere infedeli, «senza alcuna penalizzazione» in modi preclusi alle donne, al punto che «una donna non narcisista è considerata poco femminile», cosicché ella ricorre anche alla chirurgia plastica. «La bellezza è la materia prima dell’arte della cosmesi», diventata, al giorno d’oggi «industria estetica, legata a un patriarcato capitalista».
Il suo discorso politico diviene del tutto esplicito nel capitolo Il terzo mondo delle donne del 1972, un saggio in risposta a questionario di «Livre», trimestrale politico e letterario, in lingua spagnola, di sfumata tendenza marxista, letto principalmente in America Latina. Le risposte offerte da Sontag risultano più incisive, nella richiesta di fare davvero i conti con la rivoluzione socialista e rivoluzionaria, in relazione al femminismo, più incisive di quelle che avrebbe offerto a un pubblico statunitense, ove un elaborato femminismo si riferiva di rado al marxismo. Ciò non implica che ella non critichi, sia la sinistra, sia il fascismo.
L’impronta politica dell’intero volume si chiarisce ulteriormente nel capitolo Fascino fascista e nel successivo Femminismo e fascismo uno scambio epistolare con Adrienne Rich. In entrambi si discute di Leni Riefenstahl, di erotizzazione della politica, dell’arte e dell’estetica. Lo scambio con Rich è impari: nel 1975 Rich è una poetessa, seppur apprezzata e famosa – e solo in seguito sposerà il femminismo e scriverà libri innovativi. Rich imputa a Sontag di riuscire a dimostrare poco, e Sontag replica non senza sfrontatezza. Sontag possiede decisamente gli strumenti che le consentono di decifrare molto meglio di Rich l’opera di Leni Riefenstahl.
Per Sontag le donne e gli uomini costituiscono rispettivamente differenti classi politiche, cosicché «se le donne cambieranno, gli uomini saranno costretti a cambiare. Ma non lo faranno senza opporre una considerevole resistenza. Nessuna classe dominante ha mai abdicato ai propri privilegi senza lottare». Qui la politica non fugge, benché Sontag si rifiuti di rapportare la categoria di «lotta di classe» ai rapporti tra donne e uomini. Piuttosto, come afferma nell’ultimo capitolo, «Nessuna posizione può essere confortevole o sostenuta con compiacimento».