il Giornale, 1 settembre 2024
Da Kabobo ai Murazzi: omicidi senza un movente
Si fa presto a dire raptus o a parlare di infermità mentale. A volte quello che scatta nella testa del killer è talmente incomprensibile da lasciare ancora più sgomenti. Perché se un qualsiasi delitto, è ingiustificabile, quando a muovere una mano criminale non c’è nemmeno un motivo scatenante, per assurdo che possa essere, si va oltre ogni soglia del comprensibile.
Era l’alba dell’11 maggio 2013, a Milano, quando Adam Kabobo raccolse da terra un piccone e scelse a caso tra i passanti per strada chi colpire. «Sono state le voci a dirmi di prendere quella sbarra e di usarla per colpire qualcuno», spiegò al magistrato. Tre persone uccise e quattro ferite sena nessun perché e una condanna a 22 anni di carcere col riconoscimento del vizio parziale di mente perché, al momento dei fatti, «la sua capacità d’intendere e di volere era grandemente scemata». Sempre a Milano, il 6 agosto 2010, il pugile dilettante ucraino Oleg Fedchenko decise di colpire la prima persona che gli passò davanti. Emolou Arvesu, una donna filippina di 41 anni, madre di due figli, venne uccisa così. E cadde per lui l’accusa di omicidio aggravato perché una perizia psichiatrica aveva stabilito la sua incapacità di intendere e di volere perché schizofrenico. Incomprensibile anche il gesto compiuto da Andrea Tombolini il 27 ottobre 2022, quando entrò in un centro commerciale ad Assago, alle porte di Milano, prese un coltello e colpì sei persone, uccidendone una. «Non so cosa mi sia preso», ha raccontato. Ma la perizia psichiatrica stabilì che era pienamente capace di intendere e di volere e venne condannato a 19 anni e 4 mesi di carcere. Spregevole oltre che senza motivo il delitto di don Roberto Malgesini, il prete degli ultimi di Como. Aveva aiutato e sfamato tante persone tra cui Ridha Mahmoudi che inspiegabilmente la mattina del 15 settembre 2020 lo raggiunse nel piazzale davanti alla Chiesa di San Rocco, dove stava preparando cibo per i senzatetto e lo colpì con 25 coltellate. 25 anni di condanna, sena che venisse accolta la richiesta della difesa di una perizia psichiatrica.
«Se il killer di mia figlia finalmente si fosse reso conto di quanto fatto per me sarebbe una grande gioia», ha raccontato il padre di Chiara Gualzetti, la quindicenne uccisa da Andrea Iavarone, il 27 giugno 2021 a Monteveglio, nel Bolognese. La ragazzina venne uccisa a coltellate nel parco dell’Abbazia, a pochi passi da casa da quello che sembrava essere un suo amico. Il motivo? Mai stato chiarito, al punto che anche i giudici hanno parlato di «movente inesistente».
Ci sono poi delitti senza movente se non quello dell’invidia sociale. Come quello di Stefano Leo, accoltellato nel febbraio del 2019 mentre passeggiava lungo i Murazzi a Torino. «L’ho ucciso perché mi sembrava felice», ha detto Said Mechaquat, il suo assassino, poi condannato a 30 anni di carcere. È stato invece condannato all’ergastolo Antonio De Marco, che nel settembre 2020 uccise i fidanzati Daniele De Santis ed Eleonora Manta con 79 coltellate. La sua motivazione? «Erano felici». La banalità del male al suo estremo.