Corriere della Sera, 1 settembre 2024
Allevamenti in lockdown per la peste suina
«Chiariamo una cosa: quella della Peste suina africana è una emergenza sanitaria che non interessa e non potrà interessare in alcun modo l’uomo. Il virus infatti colpisce solamente maiali e cinghiali e non è trasmissibile alle persone o agli animali domestici». Giovanni Filippini, dallo scorso luglio è il nuovo direttore generale della Sanità animale del ministero della Salute e, in questa veste, ha ricevuto il 9 agosto l’incarico di Commissario straordinario del Governo per la Psa.
Sua la firma delle nuove regole di contenimento del virus, misure che ricordano i primi provvedimenti adottati nel 2020 contro il Covid.
«Sappiamo che stiamo chiedendo un enorme sacrificio agli allevatori. Il nostro primo obiettivo è bloccare la circolazione di un virus che, mi sia passato il paragone, è molto più cattivo del Covid: basti pensare che dai nostri test abbiamo rilevato che può sopravvivere e rimanere attivo anche due settimane sotto la suola di una scarpa».
Da qui il motivo del «lockdown» imposto agli imprenditori zootecnici?
«Il virus si muove attraverso la movimentazione di mezzi e persone in maniera silente. Dal Covid abbiamo imparato una serie di buone pratiche che stiamo applicando agli allevamenti: dagli accorgimenti strutturali come recinzioni, barriere, filtri e zone pulite, fino a nuove metodologie gestionali, una su tutte la disinfezione degli indumenti di chi entra ed esce dagli allevamenti trasportando i mangimi».
Il blocco della movimentazione dei capi nelle aziende sta tuttavia creando un problema di sovrappopolamento che non è solo sanitario ma è anche economico. Dovranno abbattere i nuovi nati?
«La peste suina uccide il 90% degli animali infetti e, quel che è peggio, non esistono al momento cure o trattamenti. I suini degli allevamenti colpiti, quindi, devono essere eliminati una volta scoperta la presenza di un focolaio. Ecco perché, ribadisco, chiedo a tutti gli allevatori interessati uno sforzo ulteriore per aiutarci a uscire dall’emergenza».
A tale proposito, gli allevatori però lamentano che l’emergenza poteva essere affrontata con maggior tempismo controllando con più attenzione la crescita del numero dei cinghiali.
«In Italia è ormai da un anno che abbiamo un piano di cattura e abbattimento dei cinghiali. Stiamo ad esempio lavorando con le concessionarie autostradali per trasformare le strade in barriere fisiche e bloccare così la propagazione del virus».