Il Messaggero, 31 agosto 2024
«Disposti a gesti orribili per uscire dall’anonimato»
Troppo facile parlare della casualità del male. Meglio, anche se più doloroso, scavare nel disagio che plasma le giovani generazioni. Ne è convinto, Luigi Zoja, psicoanalista e sociologo di fama mondiale, già presidente dell’associazione internazionale degli analisti junghiani.Moussa Sangare: un passato da aspirante rapper, il sogno di andare a X Factor, ex rider per una pizzeria, ora disoccupato, violento in casa. Nulla più. Professore, è diventato così facile uccidere?
«Sì, se le aspirazioni non sono realistiche, se la fragilità provoca la perdita di un equilibrio grave in età giovanile. Lo scarto tra sogno e realtà, il piombare nella normalità. Questo è un caso clamoroso, ma altri potranno accadere. Ci stiamo avvicinando alla società americana dove da tempo avvengono violenze e delirii ingiustificati. In Italia un attacco immotivato fa ancora notizia, ma penso che modernizzazione o post modernità porteranno al rischio di vederli crescere».
Prospettiva inquietante.
«Ricorda la sindrome psichiatrica del mito di Erostrato, anonimo pastore che incendiò il Tempio di Artemide a Efeso, spinto dalla speranza di diventare famoso. Non sopportava che chi aveva costruito una delle sette meraviglie del mondo fosse importante e lui no. Tutti vogliono diventare famosi».
Nulla è cambiato.
«Nel 46 Erich Neumann principale allievo di Jung, ha scritto dopo la guerra mondiale un libro sull’etica affermando che bisognava riformularla perché non si basava su fattori inconsci che sembravano determinanti. Dopo due guerre mondiali e il rischio-atomica, siamo ora in una nuova fase di neo erostratismo. Penso a Putin, a cui fa molto piacere minacciare il mondo con il suo arsenale. Insomma, il desiderio di essere più importante di quel che si è, resta un fattore psicologico notevole. Prendiamo l’esempio di Anders Breivik, fanatico preveggente norvegese, preoccupato dall’invasione di musulmani. Per avere l’attenzione del pubblico mise on line il suo manifesto che all’indomani dell’uccisione nel 2011 di oltre 70 ragazzi venne immediatamente letto da milioni di persone e ha avuto un influsso sulla politica norvegese».
Non crede all’impulso improvviso, irrazionale.
«Piuttosto all’impulso di fare una cosa smisurata a qualunque prezzo. L’anonimato crea complessi. Uno che gira con quattro coltelli, quasi banale parlar di premeditazione. Gli americani che escono di casa per compiere stragi di massa nelle scuole mettono in conto di morire. Temo, ripeto, che il tasso di omicidi, aumenti anche da noi. Temo non sia causale anche che non fosse perfettamente integrato, in una Lombardia dove non c’è disoccupazione. Ma un raptus sicuramente c’è».
Una delusione, un’offesa, un disagio.
«Purtroppo, il campanello d’allarme dovremmo averlo in testa quando i ragazzi seguono i social invece di informarsi su giornali e media. Le statistiche sono chiare: sui social c’è un aumento di violenza, un uso eccessivo di comunicazioni sbagliate, poca socializzazione, messaggi di odio».
Qui parliamo di una persona con la fedina penale pressoché pulita.
«Eppure una persona emarginata e insoddisfatta è più a rischio di commettere crimini, specie se vive in ambienti degradati, con livelli di cultura più bassi. Il rischio di un’esplosione di violenza è più forte in soggetti fragili che si “abbeverano” sui social di peggior qualità che veicolano messaggi di odio. Segnali di allarme di questo tipo ci sono».
Insiste sulla diseducazione e l’ignoranza veicolate dai social.
«Vedo un cattivo uso della tecnologia anche nelle scuole, i social poi riducono sempre più il quoziente di intelligenza delle nuove generazioni in tutto il mondo. E se statisticamente negli Usa questi episodi sono diminuiti, nei Paesi europei sono in aumento. Tutti questi fenomeni si manifestano quando c’è un uso ossessivo e univoco di internet. Che porta a una convergenza verso la stupidità e all’abbassamento del livello di intelligenza. Questi i fattori più imputati. E non c’è speranza, non c’è allarme nelle istituzioni pubbliche».
Molto è sfuggito di mano.
«Esempio: la preoccupazione principale dei presidi non è più che i ragazzi non riescono a capire la grammatica o la matematica. Ma il crollo della sessualità, l’insicurezza nelle relazioni. Le nuove generazioni scappano di mano, un ragazzo di colore non integrato è a rischio ma tutte le generazioni di giovani lo sono».
Si deve aver paura di uscire di notte?
«Bisogna essere più attenti, specie nelle grandi città. Arginare, cogliere i segnali di allarme, prima che ci scappi il morto. Rispetto agli Usa la qualità della vita è migliore, non si fanno le esercitazioni a scuola in caso di attentato, Ma il problema c’è. E sono i social. Personalmente trovo giusto l’arresto da parte della polizia francese di Pavel Durov, perché diffonde su una piattaforma messaggi violenti. A questo poi va aggiunto il degrado della cultura».