la Repubblica, 31 agosto 2024
Il potere a metà tra Instagram e Boccaccio
Ma quanto è bella, però anche desolante, la storia di fine estate del ministro Gennaro Sangiuliano (“Genny Delon” secondo Dagospia ) e della sua pseudo, meta e turbo consulente nientemeno che ai Grandi Eventi?Vicenda top e creepy, per dirla in linguaggio social, quindi imbarazzante con brio, come nessun’altra figlia di un secolo ancora una volta “sudicio e sfarzoso” (Manzoni)i, dove tutto esiste per essere visto, agghindato e messo in vetrina, in qualche misura anche dato in pasto e forse perfino in vendita, comunque tra prosopopea e sghignazzi, dalle visioni di Instagram alle tetre stanze del Collegio romano.Storia aperta. Sconsigliabile per ora trarne una morale, a parte questa bella scoperta: che il potere dà alla testa; che c’è sempre qualcuno che se ne approfitta; e che di solito il dilettantismo non si perdona.Berlusconi, per dire, si guardava bene dal fare nomine singole, madirettamente nominava consigliere regionali, deputate e ministre, per giunta in gran numero. Per restare alla cultura, quando si trattò di accontentare una intraprendente amichetta, nel caso aspirante cineasta, affidò la pratica al suo personale ministro, il mite Bondi, che s’inventò una targa ad hoc al festival di Venezia, premio speciale “Action for woman”, nomen omen, con proiezione semiclandestina, ministri che scivolavano via nel buio e folta partecipazione di giornalisti dalla Bulgaria, patria della premiata signorina.Altra classe, imperiale. Qui siamo invece ai primordi dell’ebbrezza governante, al tenero autolesionismo da novizio, all’abbaglio inceneritore. Perché Gennaro Sangiuliano, benedett’uomo, nel suo ruolo pubblico e nel suo intimoaveva davvero tutte le ragioni per capire di essere sotto sorveglianza speciale. La considerevole frequenza e quantità di sfondoni, da Dante padre della destra alla dislocazione di Times Square, dall’anacronismo su Colombo ai fischi silenziati da TeleMeloni gli consigliavano prudenza, prudenza e poi ancora prudenza, come suggeriva Emilio Colombo, che ne aveva, come tutti, qualche motivo.Prudenza nel dire, prudenza nel fare, prudenza soprattutto nel presentare, presenziare, frequentare, alzare lodi a se stesso, specie se consapevole delle sue – e delle nostre, s’intende – fragilità.Ma lui niente. Per cui eccotelo qui, da giorni, in pagina e sulla rete ora felice, ora ingenuo, ora ignara vittima di se stesso; al centro di una instagrammaticissima fantasmagoria di immagini che si configurano comel’estensione del selfie per altri mezzi; un riverbero di sorrisi vista mare, tramonti, ristoranti, sedi istituzionali con immediato contagio ad altri ministri super-attenzionati. Confuso, il temerario ministro, nell’inesorabile scrolling con vacanze, pietanze, manifesti di convegni sulla bellezza e la chirurgia estetica, piedi nudi ripresi dall’alto, curriculum, musichette, amiche dentiste, astuti sindaci campani e parlamentari fratelli d’Italia ex fidanzati di Valeria Marini, che a suo tempo presentò al Senato il brano “Baci stellari”.Così l’unica speranza è che per le disgrazie dell’iper-visibilità non si dia la colpa al gossip. Attento com’è all’identità italiana, Genny può chiedersi se dietro all’infausta parola non ci sia la novellistica del Duecento e Trecento – Rustico da Filippo, Il Novellino, Masuccio Salernitano, Franco Sacchetti – a base di promesse, inganni, intrighi. Con Giovanni Boccaccio il genere raggiunse la sua perfezione di forma e contenuti – e ancora una volta siamo qui a ricordare che tutto, intorno al potere, è già successo.