Corriere della Sera, 31 agosto 2024
Proteste contro l’arresto del regista bielorusso Gnyot
Pedro Almodóvar, Wim Wenders, Marco Bellocchio e Ken Loach (insieme ad altri colleghi e a decine di attori e attrici, tra cui Juliette Binoche, che hanno inviato una lettera alla Corte d’appello serba e alla ministra della Giustizia Maja Popovic) vogliono salvarlo dalle torture, dalla detenzione e forse da una condanna a morte se venisse estradato a Minsk. Parliamo di Andrei Gnyot, il regista e dissidente bielorusso arrestato a Belgrado in ottobre su richiesta del regime di Lukashenko. Il mondo del cinema si sta mobilitando. E non è vero – in un’epoca nella quale molti giudicano un inutile buonismo l’impegno sui diritti umani di chi ha un nome famoso da spendere – che gesti come questo servano a poco. Sono, se non altro, un’arma per convincere ad aumentare le pressioni, visto tra l’altro che la Serbia è un paese candidato ad entrare nell’Ue.
«Le autorità serbe – ha detto a The Guardian la polacca Agnieszka Holland, autrice di un film indimenticabile come Green Border – dovrebbero consultare le organizzazioni umanitarie internazionali che hanno chiesto l’immediato rilascio di Gnyot e messo in chiaro che le accuse rivolte contro di lui sono politicamente motivate». Il regista bielorusso è accusato in patria di evasione fiscale, un pretesto che i regimi autoritari usano spesso per perseguitare i dissidenti. Il mandato di arresto dell’Interpol è stato ritirato. I magistrati di Belgrado (dove il film-maker è stato in carcere sette mesi per essere poi trasferito agli arresti domiciliari ) hanno esaminato il caso il 27 agosto e si sono presi alcune settimane di tempo per annunciare la decisione. Ogni giorno è buono, insomma, per consegnare a Lukashenko uno dei suoi avversari più temuti.
Il lavoro di Gnyot per documentare le manifestazioni di protesta che si sono svolte dopo le elezioni- truffa del 2020 e i film che ha realizzato intervistando atleti dissidenti hanno infatti colpito duramente la macchina repressiva del regime. «Andrei ha svolto un grande ruolo nel nostro movimento», ha detto al quotidiano britannico Aliaksandra Herasimenia, la nuotatrice che ha vinto due medaglie d’argento alle Olimpiadi di Londra ed è stata condannata in contumacia a dodici anni di reclusione. «In Bielorussia – afferma in un’intervista a Linkiesta la leader dell’opposizione Sviatlana Tsikhanouskaya – sono almeno 1.350 prigionieri politici detenuti in condizioni disumane, ma il numero reale potrebbe essere molto più alto. Molti sono tenuti in isolamento, compreso mio marito Siarhei. Non ho sue notizie da più di un anno. Non sappiamo nemmeno se alcuni, come il premio Nobel Ales Bialiatski, siano vivi».
Il rischio che tra i dannati di questo inferno ci sia presto anche Gnyot è reale. Per evitarlo è logico pretendere dalla Serbia comportamenti coerenti con «l’obiettivo strategico» dell’ingresso nell’Unione europea rimarcato in maggio dal primo ministro Milos Vucevic, evitando di farsi condizionare dai rapporti «fraterni» con la Russia e, in questo caso, con la galassia putiniana di cui Lukashenko fa parte. È in gioco la vita di un uomo.