La Stampa, 30 agosto 2024
Muore la nonna di Ultimo, i fan lo assediano
Cosa separa la passione dall’ossessione? Direi molto poco. Oggi Mark Chapman probabilmente passerebbe le giornate sotto pseudonimo a commentare sui social qualsiasi cosa. La mentalità del fandom, nelle sue derive più isteriche, è la stessa della setta, ed è così da sempre, solo che oggi l’ossessione ha vita facile. Con Internet abbiamo a disposizione numeri di telefono, mappe, indirizzi, geolocalizzazioni, informazioni istantanee su qualunque cantante o attore o altro. L’area semantica è la stessa degli atti di fede: idolo, madre, padre, messia. Qualche giorno fa è morta la nonna di Ultimo, a darne l’annuncio è stato il papà del cantante su Facebook. Nonna Gina era molto presente sui social del nipote, lui le era molto affezionato e alcuni fan avranno pensato di essere anche loro di famiglia, perché questo fanno i social: accorciano le distanze fino ad azzerarle. È successo quindi che alcuni fan abbiano telefonato alle cliniche di Roma per sapere dove fosse ricoverata la nonna e che si siano presentati lì, pare che ci sia voluto anche l’intervento delle forze dell’ordine.Gli amministratori di una delle fanpage di Ultimo, I miserabili del parchetto, hanno scritto che ci sono state delle persone che hanno chiesto autografi a Ultimo e delle foto. E non è una cosa carina. Abbiamo dei messaggi dove delle persone dicono di aver chiamato la clinica. Sono state cacciate dal nostro gruppo. Sono state rimosse dal gruppo Whatsapp e dalla pagina Instagram. Ora lasciamo in pace Ultimo in questo periodo difficile per lui, stiamogli vicino senza essere troppo invasivi». Sulla pagina “Ultimo official fandom” gli admin hanno dovuto scrivere: «Ci teniamo però a ricordarvi che prima di essere un cantante Nic è un ragazzo come tutti noi. Purtroppo, molti fan stanno cercando con metodi inappropriati di arrivare ad avere contatti con Ultimo chiamando ripetutamente delle cliniche. Con questo messaggio vogliamo sensibilizzarvi a non compiere certe azioni (è violazione della privacy penalmente perseguibile)». È incredibile che abbiano dovuto ricordare che esiste un livello minimo di umanità a cui attenersi. È successo anche che al funerale si siano presentati dei fan e che qualcuno abbia scattato delle foto.Ora, perché una persona dovrebbe fare fotografie alla bara della nonna di un cantante? L’ipotesi meno inquietante è per postarla sui social, quella peggiore è per tenersi la foto ricordo del funerale di un’estranea. Non posso pensare che essere fan di qualcuno significhi questo. C’è un limite che non si può e non si deve oltrepassare, che è quello del rispetto del dolore altrui; questo modo di essere fan sembra più un modo di odiare qualcuno e non di amarlo. Non si può nemmeno far passare la giovane età come una scusante, perché è irreale pensare che un sedicenne non riesca a capire, né a sentire, che fare le foto al lutto altrui non è una manifestazione di affetto. Non dico empatia, termine perlopiù abusato e svuotato, ma almeno avere un’educazione sommaria.Dormire davanti allo stadio il giorno prima di un concerto, viaggiare per seguire un tour, aspettare fuori da un hotel sono cose che si sono sempre fatte, e che se non recano danno a nessuno sono un modo sano per accumulare ricordi e viversi una passione. Chiamare gli ospedali di Roma per sapere se lì c’è la parente di un cantante, invece, è solo qualcosa di preoccupante. Tutti ricordiamo quando alla camera ardente per Maurizio Costanzo le persone in fila chiesero un selfie a Maria De Filippi. La signora De Filippi strinse a tutti la mano, con tutti fece la foto e abbozzò un sorriso.Quella scena ci ha messo davanti a una miseria che non credevamo possibile. Perché una persona dovrebbe chiedere un selfie a una vedova a cui è appena morto il marito? È quello un buon ricordo, e per chi? È per raccontarlo agli amici al bar? È perché non siamo più in grado di pensare all’altro? È perché viviamo sotto anestesia? La telecamera nel telefono si può usare come specchio o come macchina fotografica: a volte sarebbe meglio fermarsi un attimo e guardarsi in faccia. *
Luigi Mascheroni, Giornale: