Corriere della Sera, 30 agosto 2024
Il migrante salvato diventa salvatore
Ibrahima Lo, «afroveneziano» come ama definirsi, ventitreenne originario del Senegal, un anno fa percorreva la passerella della Mostra del Cinema di Venezia per presentare il film di Matteo Garrone «Io Capitano», realizzato dai racconti di tante storie come la sua e trascritta nel suo libro «Pane e acqua». Ora da salvato torna in mare con Mediterranea per salvare chi è arrivato in Italia come lui anche se nel frattempo lavora al Parlamento europeo. L’acqua del Mediterraneo sette anni dopo è ancora la stessa. Uguali le onde che sferzano la plastica dei gommoni, uguali la paura, le braccia che annaspano, le lacrime nascoste dei soccorritori. A Ibrahima Lo è bastato superare di poche miglia Lampedusa a bordo della nave umanitaria «Mare Jonio» per essere investito dai ricordi. Oggi è uno scrittore e lavora al Parlamento europeo ma nel 2017, a malapena sedicenne, a rischiare di annegare in quelle stesse acque c’era anche lui: «All’improvviso mi è tornato tutto in mente, i volti dei miei amici, la nave, i miei fratelli rimasti insieme ai pesci sul fondo del mare, l’urlo delle donne africane alla vista dei soccorsi, uguale a quello che avevo imparato da mia mamma quando ero piccolo in Senegal. È stato molto difficile per me tornare, ma anche una gioia. Abbiamo salvato 182 persone».Ibrahima Lo, «afroveneziano» come ama definirsi, ventitreenne originario del Senegal, oggi è uno scrittore, un attivista e un componente dello staff al Parlamento Europeo, chiamato al fianco del neodeputato Mimmo Lucano, che da sindaco di Riace è diventato un simbolo dell’accoglienza ai migranti. Un anno fa Ibrahima percorreva la passerella della Mostra del Cinema di Venezia per presentare il film di Matteo Garrone «Io Capitano», realizzato dai racconti di tante storie come la sua e trascritta nel suo libro «Pane e acqua», che racconta il suo viaggio verso l’Europa e la detenzione in Libia. Esattamente un anno dopo, mentre il red carpet veneziano torna a popolarsi di flash e di fan, è tornato in quello stesso mare dove sette anni fa ha rischiato di annegare, insieme ai volontari di «Mediterranea Saving Humans», a soccorrere altri migranti.
Sognava di fare il giornalista Ibrahima quando è partito a quindici anni dal suo Paese, dopo aver perso entrambi i genitori. Transitato attraverso Mali e Niger, è sopravvissuto all’attraversata del Sahara e a cinque mesi di detenzione in Libia, di cui porta ancora le cicatrici. Fino alla partenza su un gommone di plastica il 9 giugno 2017. Arrivato in Italia, dopo la vita in comunità da minore non accompagnato, ha incontrato persone come Antonella Costantini, la «Mammi» italiana, che l’ha accolto nella sua casa di Marghera allo scadere dei 18 anni. Nel 2020 l’uscita del primo libro, nel 2023 il racconto della sua esperienza riflessa nelle scene di «Io Capitano», senza mai abbandonare l’equipaggio di «Mediterranea», l’ong veneziana in prima linea nell’emergenza migranti.
«L’anno scorso sono stato molto felice di essere entrato con Matteo Garrone e molte altre persone in sala grande a Venezia – racconta oggi Ibrahima —. Il film ha vinto molti premi, ma ha vinto soprattutto una battaglia, quella dell’umanità. Ricordo lo sguardo delle persone un anno fa mentre uscivano dalla sala. In questi giorni sono tornato proprio lì dove mi hanno salvato, per poter trarre in salvo altre persone. E l’ho fatto insieme a chi sette anni fa ha strappato me dal mare». A bordo della «Mare Jonio», fino all’attracco a Pozzallo il 27 agosto, c’era anche Iasonas Apostolopoulos, rescue coordinator di «Mediterranea», l’uomo che portò a bordo di una nave sicura Ibrahima Lo appena sedicenne nel 2017. E non solo lui.
Al fianco dei volontari dell’associazione veneziana – alla sua diciottesima missione— che insieme alla Guardia Costiera italiana ha soccorso in questi giorni quattro imbarcazioni di fortuna mettendo in salvo 182 migranti, c’era anche la barca a vela della «Fondazione Migrantes». Partita con la benedizione di papa Francesco, che proprio alla missione di «Mediterranea» e ai migranti ha dedicato l’intervento nell’udienza generale del 28 agosto. Al pontefice in persona Ibrahima Lo, a inizio luglio, aveva presentato il suo ultimo libro «La mia voce», nel corso di un incontro privato di un’ora e mezza in Vaticano vissuto insieme a Luca Casarini e all’equipaggio di «Mediterranea». «Santo Padre ho raccontato la mia vita e anche la mia nuova esperienza a Bruxelles. Soprattutto gli ho fatto vedere e toccare le mie cicatrici – riferisce Ibrahima —. Io sono musulmano praticante però credo nella fratellanza. Non ci devono essere muri tra religioni e così ha detto anche papa Francesco. Questo è un viaggio che non finisce mai».