Corriere della Sera, 30 agosto 2024
Interrare le ceneri dei defunti ai piedi degli alberi
Al posto del marmo, il legno vivo. Al posto di una concezione della morte come statica eternità, l’idea di una continua trasformazione. Al confine tra Piemonte e Liguria un luogo propone una soluzione alternativa alle tradizionali modalità di sepoltura. Si chiama Boschi Vivi ed è stata la prima realtà in Italia a permettere di interrare le ceneri in un’area boschiva attraverso urne biodegradabili.
Situata sulle colline dell’Alta Valle dell’Orba, al posto delle tombe in pietra presenta castagni, querce, ciliegi, frassini. Ai piedi degli alberi vengono interrate le ceneri, mentre sopra i tronchi viene riposta l’epigrafe in ricordo del defunto. Un progetto nato nel 2015 da un gruppo di giovani imprenditori che desideravano coniugare la commemorazione dei defunti con la cura e il mantenimento di un territorio. Obiettivo raggiunto con la creazione della cooperativa che, dal 2018, ha preso in gestione dodici ettari di un bosco abbandonato. Un luogo che è stato trasformato, valorizzandone la bellezza e affidandogli una nuova funzione. «Con il progetto di Boschi Vivi desideriamo proporre un approccio alla morte diverso a quello a cui siamo più abituati – spiega Anselma Lovens, tra le fondatrici —. Ogni persona sceglie il proprio albero non solo come “luogo dove risiederò per molto tempo”, soprattutto come “luogo dove mi trasformerò”. Il bosco è un ambiente che cambia, che evolve in continuazione. Un po’ come la vita e la morte, che si alternano. Questo ambiente permette di pensare alla morte più serenamente e vivere il lutto in una maniera più rassicurante».
Centrale è il tema della sostenibilità, che si realizza nell’impegno dedicato alla tutela del patrimonio forestale. Tutti gli alberi selezionati per le sepolture sono preesistenti. E la quota versata dagli utenti è destinata alla gestione del bosco. «Sia per la manutenzione ordinaria che per quella straordinaria, se mai accadesse un evento climatico capace di danneggiare gli alberi. Vero è, però, che abbiamo scelto una località in cui la possibilità di incendio è molto bassa». Per ogni ettaro c’è spazio per una sessantina di sepolture anche se, per ora, se ne contano una ventina. Non si tratta ancora di una pratica diffusa, almeno in Italia. All’estero è un’usanza consolidata tanto che molti utenti sono proprio originari di altre nazionalità. «Ma abbiamo riscontrato un aumento di interesse degli italiani. Di recente ci hanno scelto diversi piemontesi, tra i quali alcuni torinesi. Spesso succede che una persona, prima della morte, si rechi personalmente al bosco per scegliere il proprio albero. È un momento molto emozionante». Anche i funerali vengono organizzati nel bosco, con un’ampia libertà di scelta sulle modalità di svolgimento della funzione. Per la maggior parte si tratta di famiglie laiche, ma gli organizzatori raccontano di aver incontrato utenti appartenenti a diverse religioni. «Penso sia una proposta che piace per il rapporto che poi si instaura con il luogo – conclude Anselma Lovens —. Favoriamo il legame affettivo con i territori, promuoviamo un’alternativa per il ricordo dei cari e ci muoviamo in un’ottica di sostenibilità. Per noi sostenibilità significa soprattutto questo: lasciare a disposizione delle generazioni future una natura migliore di come l’abbiamo trovata».