Corriere della Sera, 30 agosto 2024
La scuola milanese che forma i croupier
In via Cicco Simonetta, zona Navigli, c’è una scuola per diventare croupier che è leader nel reclutamento di personale per i casinò di tutto il mondo. Dal 3 al 6 settembre sono in calendario gli open day. Alcuni suoi ex allievi oggi lavorano per prestigiose case di gioco come quelle di Saint Moritz e Las Vegas, anche in qualità di manager. A gestire il centro è Stefano Melani, che da 30 anni «modera» i tavoli dell’azzardo e che ha saputo tessere legami con facoltosi clienti, tra cui famiglie reali, che oggi lo fanno lavorare sui loro yacht. «Con l’attestato è garantita l’assunzione quasi immediata, la richiesta di croupier in Europa è altissima. Tra i requisiti ci sono l’attitudine a viaggiare, a relazionarsi con il pubblico e conoscere almeno una lingua straniera», svela Melani, che parla di «mestiere meritocratico»: chi è bravo fa rapidamente carriera e può guadagnare stipendi pesanti anche grazie alle mance elargite soprattutto da giocatori arabi e americani. Il corso, della durata di almeno 180 ore, insegna anche a come individuare i bari. «Una volta un cliente ha ingoiato la pallina della roulette. Un altro giocatore si è addormentato sul tavolo dei dadi. Bizzarrie documentate dalla security e che talvolta approdano sui social: sì, il casinò è anche un circo divertentissimo. Ma ricordo anche alcuni bari presi a schiaffi e poi bannati a vita. Qualche epurato ha poi provato a tornare con documenti falsi, travisando anche il suo aspetto. Molti non lo sanno, ma nei casinò c’è un sistema di controllo capillare e biometrico su ogni ospite, da quando entra a quando esce…».Ne ha viste di tutti i colori, Stefano Melani, 54 anni di cui 30 passati a «moderare» i tavoli dei giocatori d’azzardo nell’elegante veste di croupier, l’addetto che accetta le puntate, gira la ruota, mischia e dà le carte. Un cerimoniere. Lui sì che ha sbancato, abile ad andare «oltre» il copione stabilendo nel tempo un rapporto di stima e fiducia con certi facoltosi clienti, famiglie reali comprese, che ora lo fanno lavorare sui loro yacht: «Per questo sono diventato un croupier freelance, ho la reperibilità h24: “Fatti trovare domattina in aeroporto”, mi dicono». Originario di Padova ma residente a Milano, un diploma da geometra, Melani ha iniziato il mestiere sulle navi da crociera, a contratto, poi il salto nei casinò di Londra e in quelli svizzeri. Lontano dai tavoli verdi, incapace di stare con le mani in mano, tramanda competenze e segreti nel suo centro di formazione in via Cicco Simonetta, zona Navigli, dove dal 3 al 6 settembre sono in calendario gli open day: «Cambia vita, diventa croupier» esorta la scuola fondata nel 1991, oggi leader anche nel reclutamento di personale per i casinò di tutto il mondo e per i grandi eventi di gambling.
«Il corso è individuale e la durata varia in base alle conoscenze dell’allievo: almeno 180 ore, per un costo massimo di 2.600 euro, frequenza flessibile. Abbiamo tra 150 e 200 iscritti l’anno – spiega Melani —. Con l’attestato è garantita l’assunzione quasi immediata, la richiesta di croupier in Europa è altissima. Tra i requisiti ci sono l’attitudine a viaggiare, a relazionarsi con il pubblico, saper parlare almeno una lingua straniera e la fedina penale pulita. Oltre alle regole dei giochi (roulette, poker e blackjack sono i più desiderati), insegniamo anche “gesti tecnici” per maneggiare con disinvoltura carte e fiches. E a come riconoscere i bari». Quanto si guadagna, maestro Melani? «Questo è un mestiere meritocratico, chi è bravo fa carriera e può diventare ispettore o manager. Un mio ex allievo oggi è direttore al casinò di Saint Moritz, un altro lavora al Bellagio di Las Vegas. Stipendi? C’è una forbice: i croupier poco esperti, diciamo non specializzati, sono pagati circa 1.500 euro netti, i senior possono arrivare anche a 10 mila. Ah, poi ci sono le mance, imprevedibili». Mance pesanti? «Anche superiori al milione, soldi che poi vengono ripartiti tra tutti i croupier del casinò. Gli arabi sono i più generosi, seguiti dagli americani. Una mia collega è stata assunta come stagionale a Cannes: ha preso 26 mila euro solo di mance. Lo stipendio, a quel punto un dettaglio, l’ha usato per pagarsi le bollette». È vero che alcune donne entrano nei casinò sperando di agganciare un uomo ricco? «Succede. Gli dicono che quella sera hanno perso tutto per farsi regalare un po’ di fiches. Ma l’ho visto fare anche ai maschi».
Ambiente glamour ma anche insidioso, il casinò, dove alla lunga vince sempre il banco e qualcuno rischia di bruciare soldoni. E non tutti sono milionari. «Quando parlo di controlli capillari, intendo anche sulle puntate – riprende Melani —. Il cliente è profilato: se uno fa l’impiegato e scommette somme di gran lunga superiori al suo presunto tenore di vita, lo segnaliamo: la direzione gli chiederà di giustificare la provenienza del denaro, per sospetto riciclaggio. In generale chi va al casinò vuole passare una serata diversa e divertente, non è il ludopatico risucchiato dai circuiti online. Ricordo la battuta di un cliente: “Ho perso abbastanza ma se uscivo con mia moglie spendevo di più”. Noi croupier, però, vinciamo sempre». Come vede il futuro? «L’industria è in crescita, gli italiani sono un popolo di giocatori, eppure l’Italia è nella black list europea in materia di legislazione. Qui le case di gioco sono viste come il diavolo, non possono fare pubblicità né da sponsor, al Centro e al Sud non ce ne sono. In altri Paesi, invece, attraggono turisti e generano posti di lavoro».