Corriere della Sera, 30 agosto 2024
Oggi in F1 debutta il 18enne Kimi Antonelli
Monza - «Non chiedetemi se sono nervoso perché non lo sono. Mica devo guidare io...». Ci scherza su Marco Antonelli, ieri il papà più ascoltato nel paddock. Suo figlio Andrea Kimi («Il secondo nome lo abbiamo messo perché ci piaceva aggiungere un tocco di straniero e suonava bene» aveva raccontato) ha compiuto 18 anni da meno di una settimana, non ha la patente per guidare in strada ma oggi sarà al volante di una Mercedes F1 da mille cavalli su una delle piste più veloci del mondo. «Ha un futuro luminoso davanti, non vedo l’ora di sapere come si evolverà la sua carriera. Guardavo una vecchia foto del 2018, c’era Kimi insieme ad altri bambini con le divise della F1 sulla griglia di partenza proprio davanti alla mia piazzola. Quel ricordo mi ha fatto sentire proprio vecchio...». Parola di Lewis Hamilton, e proprio del sette volte campione del mondo il baby bolognese raccoglierà l’eredità, un’investitura pesantissima.
Kimi – perché tutti nell’ambiente delle corse lo chiamano soltanto così, da sempre— cammina svelto, i riccioli che sbucano sotto al cappellino con la stella, lo sguardo un po’ perso che in realtà non è altro che il suo, quello di un ragazzino abituato a imbrigliare le emozioni, a ragionare da adulto. È l’unico a Monza in grado di rubare la scena alla Ferrari, impegnata nell’operazione riscossa, sulla pista di casa. Protetto da una famiglia solida e discreta – il papà, ex pilota e ora proprietario di un team che compete nel Gt e in F4—, educato al rispetto e al sacrificio. È lo stesso che fa i compiti in aeroporto (capita di incontrarlo spesso con i quaderni all’imbarco) per prepararsi alle verifiche dell’istituto Salvemini di Casalecchio di Reno, «perché se prende un brutto voto ci resta male, è competitivo anche in questo» dicono a casa.
Del resto i patti erano chiari: pagelle buone o il kart te lo scordi. Quanto tempo è passato, quanti ricordi e intanto i «giocattoli» sono diventati sempre più grandi come gli esami. Ne ha già sostenuti tanti, lui che a undici anni è stato scelto per entrare nel programma junior della Mercedes, già accompagnato dalla fama di potenziale fenomeno. Le telemetrie, i riscontri dei test privati su vecchie monoposto, la capacità di analisi e l’incredibile memoria (ricorda tutti i suoi tempi in qualifica), lo proiettano nella stratosfera della F1 dopo una breve parentesi in F2. Oggi soltanto per le prime libere, all’ora di pranzo con il numero 12, preludio all’imminente annuncio della promozione a titolare per il 2025 al posto di Hamilton.
La storia più italiana che c’è al Gp d’Italia, aspettando un campione del mondo tricolore che manca dai tempi di Ascari, il Sinner dei motori dicono. Ma è soltanto Kimi, ragazzo del futuro con la testa nel passato. Idolo Senna, morto dodici anni prima che lui nascesse. Non potrà mai battere i record di precocità di Verstappen – esordiente a 17 anni, dopo hanno modificato le regole— ma vuole ripercorrerne le orme. Max, nell’hospitality della Red Bull, sorride e forse un po’ si rivede nel giovane italiano: «Kimi deve soltanto essere se stesso, non identificarsi nel nuovo Verstappen o in qualcos’altro. È bravissimo, si capiva già sui kart quanto talento avesse, ho piena fiducia in lui. Sono ansioso di vederlo all’opera». Consigli? «Si diverta e non abbia paura di commettere errori, sbagliando s’impara». Da una generazione a un’altra, forse un passaggio di testimone. Chissà.