Avvenire, 29 agosto 2024
Cisgiordania a ferro e fuoco, anche Fatah spara
Non si vedeva da vent’anni, ai tempi della seconda Intifada del 2002, un’incursione di tale portata in Cisgiordania. Nella notte tra martedì e ieri, l’esercito israeliano ha lanciato attacchi coordinati contro Jenin, Nablus, Tubas e Tulkarem con raid aerei e veicoli corazzati. Almeno dieci i morti: due a Jenin, quattro in un villaggio vicino e altri quattro in un campo profughi fuori Tubas. «Tre delle vittime, tra cui due di 13 e 15 anni, sono state uccise mentre passavano vicino alla casa presa di mira, in un vicolo affollato» denuncia l’Alto commissariato Onu per i diritti umani, condannando la «risposta sempre più militare» che «viola il diritto internazionale e rischia di infiammare una situazione già esplosiva». Una quindicina i feriti, tra cui un bambino. L’esercito avrebbe «eliminato nove terroristi». Non è noto il numero degli arresti. Scopo dell’operazione, ha detto il ministro degli Esteri Israel Katz, è «smantellare le infrastrutture terroristiche islamiste iraniane» che si troverebbero nei campi di Jenin e Tulkarem. I militari avrebbero imposto il coprifuoco nella parte orientale di Jenin. Gli abitanti del campo di Nur Shams, a est di Tulkarem, avrebbero avuto quattro ore per andarsene dopo essere stati perquisiti. «Se dobbiamo spostare le persone lo faremo, servirà a proteggere le truppe» ha detto il ministro Avi Dichter. Contraddittorie le notizie sugli ospedali. Per il governatore di Jenin, l’esercito avrebbe comunicato l’intenzione di far irruzione nell’ospedale governativo. Fonti dello stesso hanno riferito che i soldati controllano le ambulanze in transito per accertare che non nascondano uomini armati o armi. Il ministero della Salute ha messo in guardia dalle ripercussioni dell’assedio e si è appellato alla comunità internazionale e alla Croce Rossa. Attaccato anche il campo profughi di Shuafat, a nord-est di Gerusalemme, dove è chiuso il check-point d’accesso. Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen ha interrotto la visita in Arabia Saudita per tornare a Ramallah a «seguire l’evoluzione dell’aggressione». Partito lunedì per Riad, dove ha incontrato il principe ereditario Mohammed bin Salman, sarebbe dovuto andare al Cairo per verificare la possibilità di entrare dal Sinai nella Striscia di Gaza, previo consenso israeliano. Il portavoce della presidenza, Nabil Abu Rudeineh, ha definito il raid «la prosecuzione di una guerra totale contro il nostro popolo» che «non porterà sicurezza né stabilità a nessuna delle due parti». «Pagheranno il prezzo», ha minacciato. L’irruzione è avvenuta all’indomani dei violenti scontri tra coloni armati e palestinesi, con l’intervento dei soldati, che avevano provocato un morto e tre feriti nel villaggio di Wadi Rahhal. E avevano spinto Hamas a invocare una giornata «di rabbia» in Cisgiordania. Ieri il gruppo ha dichiarato che l’operazione israeliana «fa parte di un piano per espandere la guerra di Gaza». Dopo il massacro del 7 ottobre che causò 1.200 morti israeliani e 252 rapiti, la popolarità di Hamas è cresciuta vertiginosamente fra i 3 milioni di abitanti della Cisgiordania. Crollato il consenso per Fatah, il partito del presidente Abu Mazen, accusato di essere corrotto. Da ieri l’ala armata di Fatah ha annunciato di partecipare attivamente ai combattimenti, compreso il lancio di ordigni contro l’esercito. I terroristi della Jihad islamica, che si sta radicando nei campi profughi, parlano di «guerra aperta da parte dell’occupante israeliano» che accusano di voler «trasferire il peso del conflitto sulla Cisgiordania». In dieci mesi e mezzo di guerra nella Striscia, sono 628 (dati Onu) i palestinesi uccisi in Cisgiordania. Gli Stati Uniti hanno annunciato nuove sanzioni contro i coloni, la cui «violenza estremista», ha detto il portavoce del dipartimento di Stato Matthew Miller, «causa intense sofferenze umane, danneggia la sicurezza di Israele e mina le prospettive di pace». Ieri l’esercito ha ammesso che i disordini avvenuti due settimane fa vicino a Nablus, con case e auto incendiate, sono stati «un grave incidente terroristico da parte dei coloni»: «Siamo stati incapaci di proteggere i residenti palestinesi». Mentre a Doha si sono incontrati i negoziatori di Israele, Usa, Egitto e Qatar, l’esercito ha recuperato a Gaza il corpo di un soldato ucciso il 7 ottobre. Stando al Jewish Chronicle, ci sarebbero state finora diverse opportunità di colpire il capo di Hamas Yahya Sinwar ma l’avrebbe impedito il fatto che si circonda di 22 ostaggi. Gli altri 85, vivi o morti, sarebbero in mano a gruppi minori. Sempre a Gaza, l’Onu ha denunciato che un proprio veicolo è stato colpito dalle forze israeliane con una decina di spari. Il Pam ha sospeso i movimenti del proprio personale.